Sistema Salerno, la Procura:
«C’è altra indagine in corso»

Sistema Salerno, la Procura: «C’è altra indagine in corso»
di Petronilla Carillo
Venerdì 30 Settembre 2022, 06:40 - Ultimo agg. 18:15
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Da un lato le difese che provano a smontare il castello di accuse della procura di Salerno, dall’altro gli stop al teste, il vicecommissario D’Ecclesia della Squadra mobile, imposto dai pm. Il processo alle coop sociali, che vede per ora al banco degli imputati soltanto l’imprenditore Fiorenzo (detto Vittorio) Zoccola - difeso dagli avvocati Giuseppe Della Monica e Gaetano Manzi - e il politico Nino Savastano - avvocati Agostino De Caro e Giovanni Annunziata - entra nel vivo e, nell’udienza di ieri, vengono fuori anche alcuni dettagli sull’indagine che ha travolto il governatore Vincenzo De Luca, destinatario a novembre scorso di un avviso di garanzia proprio per corruzione politica: il lavoro degli inquirenti sarebbe ora concentrato sui pizzini trovati nella sede di 3SS, la coop di riferimento di Zoccola, e destinati al presidente della Regione; sulle tessere elettorali «vendute» da una serie di persone i cui nomi e cognomi compaiono su quei memorandum; infine sulle opere richieste dall’imprenditore al politico, ex sindaco di Salerno. È proprio su una domanda che riguarda i pizzini che insorgono i pm (i sostituti procuratori Elena Cosentino e Guglielmo Valenti) ricordando al collegio che non c’è alcuna contestazione nel fascicolo riguardo questo sequestro in quanto oggetto di indagine parallela. Una affermazione sulla quale, poi, il tiro viene corretto: «potrebbe essere oggetto di altra indagine». La domanda riguardava le opere chieste al governatore e poi realizzate. Per ora, emerge dalla discussione poi bloccata: «la rotatoria di via Rocco Cocchia sì», risponde il poliziotto teste.

Tra i documenti sequestrati dagli agenti della Squadra mobile non ci sarebbero riferimenti all’ex assessore comunale, nonché candidato al Consiglio regionale (e poi eletto), Savastano.

E neanche pacchi regalo che la coop di Zoccola preparava per Natale e Pasqua per i dipendenti comunali: quasi una cinquantina di strenne che, se da un lato potrebbero rientrare in una consuetudine di favore, dall’altro dimostrerebbero il livello di «penetrazione» delle coop nel tessuto amministrativo. Sono gli stessi avvocati di Savastano, comunque, a lasciar intendere che eventuali responsabilità del politico nella vicenda saranno affrontate soltanto quando (e se) si discuterà delle intercettazioni. Intercettazioni che furono al centro della discussione difensiva anche in fase di Riesame e sulle quali la Corte ancora non ha sciolto la riserva circa la loro utilizzabilità. Carte contabili a posto, secondo quanto fanno emergere i legali di Zoccola, invece, per quanto riguarda i sequestri operati. L’avvocato Della Monica, ha molto puntato l’accento sul fatto che la 3SS e il Consorzio delle coop avessero la stessa sede: due stanze in via Parmenide 6, una sede della società di Zoccola, l’altra delle altre coop consorziate. «Ma la segretaria del Consorzio - ha chiesto il legale - era o no nella stanza della 3SS?». Risposta positiva da parte del teste. Quindi, e su questo i legali dell’imprenditore hanno molto spinto, sarebbe questo il motivo per il quale sarebbero stati trovati i timbri delle altre coop durante quel controllo. Ma è la procura che a questo punto della deposizione non ci sta: «chiedetegli se il Consorzio è mai stato operativo!», fa eco il pm Valenti. Domanda alla quale, in controesame, il teste non risponde ma annuisce. Perchè, secondo la tesi investigativa, il problema sarebbe tutto li: un consorzio di «copertura», esistente solo sulla carta, per mascherare l’assegnazione delle gare sempre alle stesse società. 

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Nel corso del controesame del vicecommissario, i legali di Zoccola chiedono se, nel fascicolo agli atti del processo, ci sia una denuncia presentata dall’imprenditore nel 2018 contro il rup del procedimento (sempre il dirigente indagato nell’inchiesta madre Luca Caselli, ndr) e i commissari di gara per abuso d’ufficio ed inquinamento della stessa. Lapidaria la risposta di D’Ecclesia: no. Ma su quella stessa gara, sulla quale poi le carte dell’inchiesta parlano di un accordo raggiunto, ci fu anche un ricorso al Tar vinto da Zoccola. E, su questo, le carte dell’inchiesta sono molto precise. Ma, su questo punto ci sono altri indagati eccellenti che sarebbero intervenuti per «convincere» il rup a modificare alcuni aspetti.  

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