Prodotti nocivi,
imprenditori a giudizio

Prodotti nocivi, imprenditori a giudizio
di Nicola Sorrentino
Martedì 17 Maggio 2022, 06:00 - Ultimo agg. 20:33
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Corruzione di un funzionario e commercializzazione di prodotti nocivi, vanno a processo con il rito immediato Pasquale e Daniele Attianese, amministratori dell’omonima azienda conserviera di Nocera Superiore. Le accuse - nell’inchiesta condotta dal sostituto Angelo Rubano - approda dinanzi al gip, il prossimo 1 giugno. I due potranno scegliere un rito alternativo o il dibattimento. Sono difesi dagli avvocati Giovanni Annunziata e Agostino De Caro. Dopo il vaglio del Tribunale del Riesame, che aveva ritenuto insussistente il reato di caporalato, il pm ha chiesto l’immediato per le altre due accuse principali. Stando all’indagine, i due avrebbero promosso l’assunzione presso la loro azienda di un funzionario, addetto quale responsabile dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e delle repressioni frodi dei prodotti agroalimentari di Salerno, una volta raggiunto il pensionamento. Lo stesso fu promesso alla figlia, con una riassunzione presso la stessa azienda. Questi ultimi due - anche loro indagati - come contropartita avrebbero informato i titolari dell’azienda che erano in corso indagini tese a riscontrare la salubrità dei prodotti conservieri dell’Attianese, con interventi programmati delegati dai carabinieri del reparto tutela agroalimentare. Il lavoro di tracciamento sarebbe stato eseguito con modalità non conformi, per impedire la scoperta di prodotti nocivi per la salute pubblica. Il funzionario, V.D.R., risponde anche di rivelazione di segreto d’ufficio in quanto uno dei suoi collaboratori avrebbe eseguito il lavoro di campionatura «prelevando superficialmente e con le mani il prodotto conserviero da esaminare per verificare la presenza di muffe e pesticidi, senza annotare i verbali e dandone conto telefonicamente a V.D.R». 

L’indagine era nata proprio dal sequestro di 800 tonnellate di concentrato di pomodoro di origine egiziana, secondo valutazioni della Procura, in quanto all’interno si riteneva vi fossero «pesticidi sopra le soglie consentite, con richiamo all’origine italiana del prodotto».

I risultati di un incidente probatorio avevano, poi, rivelato come il prodotto fosse invece salutare, ma l’ipotesi d’accusa ha retto al momento in fase preliminare, con il gip che rigettò istanza sul dissequestro dei fusti. Sono in tutto 7 gli indagati, ma per i soli due amministratori vi sarà il rito immediato. Le ulteriori posizioni sono state stralciate, anche in ragione dell’accusa di caporalato che non ha trovato riscontri in sede di Riesame. Il lavoro investigativo fu condotto dai carabinieri della sezione di polizia giudiziaria della Procura. In un lungo interrogatorio, i due titolari si erano difesi dalle accuse, fornendo spiegazioni su ogni singola contestazione.

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