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«Io prof del Sud sempre in viaggio vivo come un'accampata: colpa dell'algoritmo»

La docente: «Pendolare? Non posso permettermelo»

La prof Mazzella
La prof Mazzella
di Gianluca Sollazzo
Articolo riservato agli abbonati
Mercoledì 25 Gennaio 2023, 08:49
4 Minuti di Lettura

Partecipò alla lotteria delle assunzioni straordinarie previste dalla legge 107, meglio nota come legge della Buona scuola. Una giostra di assunzioni in cui docenti di esperienza decennale furono spediti anche a mille chilometri di distanza dalla propria residenza. Tra le 2.100 assunzioni varate nel 2015 in provincia di Salerno c'è anche Anna Mazzella, 50 anni, professoressa di economica aziendale agli istituti superiori. Residente a Eboli, fu spedita in cattedra a Verona.

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«Dalla sera alla mattina ho dovuto salutare i miei due figli, ero messa davanti ad un bivio: accettare o rinunciare il ruolo, il che avrebbe significato restare nel precariato», confessa la prof, oggi insegnante all'Istituto di istruzione superiore Pertini Falcone di Roma. Da lontano 2015, da quando il governo guidato allora da Matteo Renzi decise di affidare le nomine al criticato algoritmo, la prof di Eboli non è più riuscita a tornare a casa, nemmeno in Campania. Una vita di affetti negati. Fatta di attese e speranze di un ricongiungimento che slitta di anno in anno. Oggi vive in un monolocale a Roma, condividendo gli spazi con un'altra collega docente. Lo fa per risparmiare le spese. In questo modo può partire il lunedì per Roma e tornare a Salerno il venerdì sera.

Professoressa, si sente realizzata?
«Sono una madre di 50 anni, e posso ammettere di sentirmi né carne né pesce. Certo, sono riuscita dopo dieci anni di precariato a entrare in ruolo. Ma è una stabilizzazione che non riesco a godermi da ormai 9 anni. Ne va della mia dignità. Vivo peggio di una accampata. Un professore, viaggiando, correndo, non dormendo, pensando ai propri figli lontani, perde la dignità del proprio status. Sono demoralizzata. Oggi, dal lontano 2015, non mi sento realizzata. Non è quello che volevo».

Perché?
«Sono stata beffata dall'algoritmo della Buona scuola. Oggi sono titolare all'Istituto superiore Pertini Falcone di Roma. Due anni fa ho insegnato a Genova. E dal 2015 ho lavorato a Verona. Da meno di nove anni non riesco a tornare in Campania. Faccio domanda di trasferimento interprovinciale ogni anno. Ma puntualmente resto delusa».

Perché si sente delusa?
«Sono provata come mamma. Vivo una vita sospesa. Penso ai miei due figli. Mia figlia più piccola ha 14 anni, aveva appena 7 anni quando sono salita al nord, a Verona, per prendere servizio. L'altro figlio più grande ha attualmente 20 anni, ne aveva 12 quando mi sono separata da loro. Vivo solo di contatti telefonici, di pensieri, di sconforto per una lontananza forzata. Lavorando adesso a Roma posso almeno tornare ad Eboli il venerdì sera, ma il fine settimana è un batter di ciglio. Non basta per compensare la mia assenza durante tutta la settimana. La scelta di restare a Roma dal lunedì al venerdì è di natura economica. Condivido un monolocale con una collega con la quale mi sono conosciuta a scuola. Paghiamo 750 euro di affitto. Mi sento a 50 anni come una studentessa universitaria. Prima abbiamo provato a vivere in un Bed and Breakfast, ma la spesa era esorbitante: vivevamo e dormivamo nella stessa stanza pur di risparmiare. Oggi viviamo dell'essenziale, risparmiamo sulla spesa».

Perché ha accettato l'assunzione della legge Buona Scuola?
«Sono stata assunta durante il governo Renzi. Io ero inserita nelle Graduatorie ad esaurimento e ci era stato promesso che saremmo stati assunti dall'algoritmo solo nell'ambito di 5 province indicate: io ho indicato quelle più vicine. Ma sono stata spedita alla 44esima provincia espressa, cioè quella di Verona. Mi sento tradita e beffata da quell'algoritmo. Accettai l'assunzione perché si parlava di essere accontentati nelle prime 5 province espresse. E allora sono partita. Ma mi sono rovinata di più. Ma la cosa che mi fa più stare male è che il governo di allora ci mise spalle al muro: accettare il ruolo fuori regione o essere cancellate dalle Graduatorie ad esaurimento in cui abbiamo sempre lavorato come precario. Oggi le Graduatorie ad esaurimento esistono ancora e non sono state cancellate. Questo è stato beffardo. Il cervellone ha separato centinaia di famiglie. Mi sento una prof ingabbiata. Sono nove anni che spero di tornare a casa e non succede mai nulla. Tra poco saranno 10 anni di lontananza dai miei figli. Quando lavoravo a Verona partivo il venerdì e dormivo in pullman pur di stare con i miei figli il sabato e la domenica. Ma così un docente perde la sua dignità. Non abbiamo scelto di lavorare al nord. Eppure siamo sospesi in un limbo forse a vita».

Cosa teme?
«Che riuscirò a tornare a Salerno alla pensione e quando i miei figli avranno una loro famiglia. Ho perso i migliori anni dei miei figli, non torneranno più».
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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