Ragioniere «pigliatutto» condannato,
Comune di Contursi a rischiò crac

Ragioniere «pigliatutto» condannato, Comune di Contursi a rischiò crac
di Margherita Siani
Mercoledì 10 Novembre 2021, 06:35 - Ultimo agg. 13:48
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Condannato a sei anni di reclusione il ragioniere pigliatutto del Comune di Contursi Terme, Benedetto Trotta, che in un terribile mese di luglio del 2009, con la sua condotta illecita ha rischiato di mandare in default il Comune di Contursi Terme per un ammanco nelle casse comunali di oltre un milione di euro. Per lui interdizione dai pubblici uffici in perpetuo, estinzione del rapporto del rapporto di lavoro, confisca delle somme profitto del reato, confisca di un immobile su tre livelli già sotto sequestro dall’agosto del 2009. Condanna a 3 anni e mezzo, invece, per il dipendente dell’Ufficio Ragioneria di Contursi, Ubaldo Rufolo, con interdizione dai pubblici uffici ed estinzione del rapporto di lavoro, e confisca delle somme percepite. Una condanna per peculato, per aver sottratto denaro pubblico dalle casse comunali nel quinquennio 2005-2009.

Sono stati assolti perché il fatto non sussiste, quindi con formula piena, gli altri imputati, il sindaco dell’epoca, Giacomo Rosa, difeso da suo fratello avvocato Franco Rosa (per l’accusa aveva istigato al pagamento di indennità), e i dipendenti comunali Dario Brogna, Antonio Bartone difeso dall’avvocato Saverio Accarino (avevano percepito delle indennità rivelatesi regolari), Salvatore Tiano, quest’ultimo segretario comunale. 

Estinzione dei reati per prescrizione, invece, per Maria Rosaria D’Elia, anch’essa destinataria di somme indebite.

Il Tribunale di Salerno ha emesso la sentenza dopo sei ore di Camera di Consiglio, collegio giudicante presieduto da Domenico Diograzia. 

È una vicenda amara quella del ragioniere, che ha fatto tutto nel chiuso del proprio ufficio. Mandati a raffica, di poche migliaia di euro, tutto fino alla concorrenza di oltre un milione. Gli strani movimenti sui conti del Comune lì intercettò il direttore della banca tesoriera. Bastò poco per capire. E da lì il fiume della verità, che Trotta, smascherato, confessò subito. Per un periodo finì anche in carcere, poi i domiciliari. Poi il lungo processo fino alla sentenza di ieri. Ben dodici anni per avere il primo grado di giudizio e la condanna. Per tutto questo periodo sia Trotta che Rufolo non hanno più messo piede in Comune, ma hanno continuano a percepire un «assegno alimentare», solo oggi c’è l’estinzione del rapporto di lavoro, anche se non varrà per Trotta, difeso da Silverio Sica, andato in pensione a settembre di quest’anno. «Finisce un incubo per me. Si ristabilisce una verità che ho sempre professato e che oggi trova la certezza anche in questa sentenza», dice l’ex sindaco Giacomo Rosa, che quella bufera travolse pur restando alla guida della cittadina termale per altri due anni, quando furono spulciati tutti gli atti del Comune per capire il lungo filo degli ammanchi. Per effetto di questa condotta criminosa, il Comune rischió il dissesto finanziario.

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