Non fu lui a rapinare insieme ad un complice, rimasto sconosciuto, un imprenditore del mercato ortofrutticolo di Sant’Egidio del Monte Albino, a Pagani, nel gennaio 2020. La Corte d’Appello ha ribaltato la sentenza del tribunale di Nocera Inferiore, con pronuncia di assoluzione per non aver commesso il fatto nei riguardi di Moreno Caputo, 40enne nocerino. La stessa Procura generale aveva chiesto l’assoluzione per insufficienza di prove. L’imputato era difeso dai legali Giovanni Pentangelo e Angela Cisale. Serviranno novanta giorni per conoscere le motivazioni del collegio, oltre che per capire cosa non è stato condiviso nella sentenza di primo grado.
Il colpo fruttò 14mila euro. La vittima fu aggredita da due persone, all’interno di un garage a Pagani, dove fu trattenuto dietro minacce di morte. All’uomo fu sfilato il giubbotto e intimato poi di consegnare il denaro. Uno dei due rapinatori lo colpì poi, infine, con un bastone. Ad indagare sull’accaduto furono i carabinieri della tenenza di Pagani. Caputo fu individuato - stando alla sentenza di primo grado - in primis dal segnale Gps proveniente da un telefono cellulare, del quale lui stesso si sarebbe impossessato, insieme ai soldi della vittima. Il cellulare fu poi abbandonato durante la fuga. Ulteriori verifiche furono effettuate su di un casco, riconosciuto dai carabinieri durante la visione delle telecamere che avrebbe coinciso, per modello e colore, con quello sequestrato all’imputato, a sua volta riconosciuto anche dalla vittima.
Le indagini ricostruirono anche il percorso segnalato dal cellulare, poco distante dal luogo della rapina rispetto a dove fu abbandonato il telefono e dalla casa dell’imputato. A parere del tribunale di Nocera, i due rapinatori avevano studiato le abitudini della vittima, puntando dritti ad aggredirlo perché sicuri che avesse con sè una cifra importante in denaro. Per la sentenza di primo grado, insomma, Moreno Caputo era da ritenere uno dei due rapinatori, al di là di ogni ragionevole dubbio, con la valutazione degli elementi raccolti come «chiari e precisi« oltre che «concordanti».
Così non è stato per la Corte d’Appello, che ha assolto l’uomo dall’accusa di rapina aggravata. La difesa ha contestato ogni fase dell’indagine che condusse all’identificazione del proprio assistito: dal riconoscimento fatto dalla vittima al confronto sul casco, fino all’assenza di piste alternative. In primo grado, l’imputato fu condannato a 10 anni e 3 mesi di reclusione, con la misura cautelare che scattò poi tempo dopo i fatti, dietro disposizione del gip del tribunale di Nocera Inferiore. Si dovrà attendere ora il deposito della sentenza, a firma dei giudici della Corte d’Appello, per comprendere cosa non andò nell’indagine condotta all’epoca sulla rapina del gennaio 2020. Rapina che resta, allo stato, senza autori.