Rifiuti tossici nel Vallo di Diano, tutti a processo

L’organizzazione aveva trasformato in discariche i terreni di alcuni degli indagati con rischi gravi di ripercussioni sull’ambiente

Prima udienza fissata al 2 febbraio 2023
Prima udienza fissata al 2 febbraio 2023
di Pasquale Sorrentino
Giovedì 24 Novembre 2022, 06:20 - Ultimo agg. 19:03
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È fissata al 2 febbraio 2023, presso il Tribunale di Lagonegro, la prima udienza del processo nato dall’inchiesta «Shamar», per gli sversamenti nel Vallo di Diano. Sono otto le persone rinviate a giudizio. Sette di queste vennero colpite da misure cautelari emesse dal gip di Potenza, un’altra fu solo indagata. La decisione è arrivata dal gup del Tribunale di Potenza, Salvatore Pignata che ieri ha sciolto la riserva dopo l’udienza di martedì. 

Gli indagati sono accusati, a vario titolo, di associazione per delinquere per traffico illecito di rifiuti e inquinamento ambientale nel Vallo di Diano. Nelle maglie dell’indagine, dei carabinieri del Comando provinciale di Salerno finirono, tra gli altri, Luigi «Re Mida» Cardiello e Raffaele Pinto, oltre che altre cinque persone, imprenditori valdianesi e sodali dei primi due.

L’indagine partì da un autonomo filone dell’inchiesta «Febbre dell’oro nero»: dalle intercettazioni emerse l’impegno di Raffaele Diana, per agevolare l’ex compagno d’affari, Luigi Cardiello, nella ricerca di nuovi siti di illecito stoccaggio e sversamento per rifiuti pericolosi, frutto di lavorazione industriale nel Vallo di Diano, in Basilicata e nel foggiano. I carabinieri lavorarono con intercettazioni e pedinamenti. Riuscirono perfino, tra le campagne di Sant’Arsenio e Polla, a prevenire il disastro bloccando un furgoncino carico di liquidi di risulta provento si smaltimento illegale. 

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L’organizzazione aveva trasformato in discariche, costituite per la maggior parte da liquami di natura acida, i terreni di alcuni degli indagati con rischi gravi di ripercussioni sull’ambiente e con alterazioni per l’eco-sistema. Nell’ottobre 2019, erano stati intercettati e sequestrati 18mila litri di solventi chimici pronti allo sversamento nel comune di Atena Lucana. Le successive operazioni di scavo, campionatura ed analisi svolte assieme all’Arpac permisero di certificare l’avvelenamento del terreno a causa di precedenti sversamenti. Situazione ben evidente dalle fotografie aeree che palesavano, nei terreni oggetto di sversamento, chiazze colorate che hanno poi guidato con successo le operazioni dell’Arpac. Le analisi svolte evidenziavano la presenza di rifiuti speciali pericolosi eco-tossici. Dagli approfondimenti sono emersi anche comportamenti illeciti riconducibili a una società di Polla, operante nel settore del ferro e dell’alluminio, e una di Sant’Arsenio attiva nel settore del cemento che si erano rivolte, secondo le accuse, a «Re Mida» per smaltire in maniera più vantaggiosa i rifiuti. Il Comune di Atena Lucana ha annunciato che si costituirà parte civile nel processo. 

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