Rocco Papaleo testimonial
«De Luca lucano come me?
Pensavo fosse pugliese»

Rocco Papaleo testimonial «De Luca lucano come me? Pensavo fosse pugliese»
di ​Piera Carlomagno
Sabato 5 Novembre 2016, 06:40 - Ultimo agg. 10:13
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«Speriamo che mi illumini anch’io». Quando sente che la telefonata arriva da Salerno, Rocco Papaleo si mette comodo nel taxi su cui è appena salito e si sintonizza: «Sarò un turista, sono curioso, voglio vederle anch’io le luci d’artista». Le accenderai Rocco, insieme con il governatore De Luca, che tiene molto a questo evento. Sai che è nato nella tua Basilicata? «Nooo, di dov’è? Ruvo del Monte? Ma non è Puglia?». 

Forse scherza, però l’impressione è che a Salerno ci arrivi nella maniera giusta: un poco impreparato. Al bagno di folla, alla risposta dei salernitani, al lungo percorso nel centro cittadino, al significato che questa idea ha avuto negli anni e assume in prospettiva, ma anche all’ironica serietà di De Luca che sarà il suo “partner” nello show di oggi pomeriggio. Bene così, darà il meglio di sé Rocco Papaleo, davanti a «quel cielo stellato» che De Luca finalmente è riuscito ad avere come lo aveva immaginato – così il governatore della Campania ha detto durante una conferenza stampa – e la spontaneità e l’incanto che un po’ sono la cifra della comicità dell’attore, faranno da contrappunto alla meraviglia del pubblico che ogni anno si rinnova. Rocco Papaleo accende le luci d’artista? Ma va’? E chi se lo perde?

Salerno ti aspetta, Rocco. Allora lui si mette comodo, fornisce indicazioni al taxista e dice: «Ora sono a Roma», ma si è capito dal luogo in cui ha chiesto di essere accompagnato e anche dal brusio inconfondibile della grande città. Racconta: «Sono appena arrivato, in realtà in questo periodo sono a Napoli per un lavoro - ma anche questo si sa, perché sta girando un film con Laura Morante, che si intitola Bob e Marys e le cui riprese sono cominciate il 24 ottobre – domani arriverò direttamente da lì». 

Poi prende a raccontare di Salerno: «Dunque, è una città a cui sono grato perché è una specie di roccaforte per i miei film». Nel senso che? «I salernitani vanno molto a vedere i miei film al cinema, è una delle città in cui sono più visti». E poi? «E poi per me resta sempre la città per eccellenza, o la prima, quella del mio immaginario di bambino, la più vicina, la più bella, il primo sogno». Fino a quando? «Fino a quando ci ho fatto il militare, che per i ragazzi di allora era un po’ il momento in cui l’esistenza si fermava, ma anche il periodo delle prime esperienze, delle prime novità. Insomma, ci sono legato io a Salerno. E poi negli ultimi anni l’ho trovata rifiorita, vivace». Per esempio? «E’ un posto bello per la musica – e per Papaleo, si sa, la musica è una delle cose migliori della vita – Qui ci sono jazzisti sopraffini, i Deidda, Jerry Popolo, è una città che merita rispetto e così oggi colgo l’occasione per rivederla in uno dei momenti del suo massimo splendore, direi». 

La battuta è sempre dietro l’angolo, con Rocco Papaleo non si scappa, ma mentre Roma lo inghiotte nella sua notte metropolitana, lui tiene a precisare il lato serio della faccenda: «L’orgoglio di appartenenza è una delle cose di cui abbiamo bisogno – riflette – e anche di qualcuno che ci dia l’occasione di provarlo». E’ indubbiamente uno dei suoi temi, quello che non abbandona mai nella sua produzione cinematografica e nei film-gioiello che ne hanno consacrato la statura intellettuale da regista impegnato. E’ uno dei temi che non dimentica mai di portarsi dietro nei teatri d’Italia dove recita e canta come faceva Giorgio Gaber, a cui era intitolato il Festival Teatro Canzone che gli valse il premio della critica nel 2005 e come continua a fare dal 2009, quando si inventò quel grandioso omaggio alla sua terra, lo spettacolo «Basilicata coast to coast», che divenne il capolavoro cinematografico che tutti conoscono. Chiude: «Ci vediamo a Salerno, fammi un cenno dalla folla». 
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