Sacerdozio, abito talare per 14 giovani: tre fratelli battono la crisi-vocazioni

Sacerdozio, abito talare per 14 giovani: tre fratelli battono la crisi-vocazioni
di Giuseppe Pecorelli
Lunedì 13 Maggio 2019, 08:47
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È il 26 dicembre 2010 quando, nella cappella della Madonna del Soccorso, nella frazione Pero di Bracigliano, inizia l'adorazione Eucaristica perpetua. Da allora, per ventiquattro ore su ventiquattro, si prega dinanzi all'eucarestia, l'ostia consacrata che per i cattolici è il corpo di Cristo. È da quel giorno che nel bel comune tra l'agro nocerino sarnese e la valle dell'Irno, qualcosa cambia. È questa la premessa di una storia che in tempi di crisi delle vocazioni sacerdotali e religiose, stupisce non poco. Il prossimo 28 giugno, nella cattedrale di Salerno, l'arcivescovo Luigi Moretti ordinerà quattordici sacerdoti. Un numero straordinario, un vero e proprio record in rapporto alla popolazione del territorio diocesano. Si tratta di Alfonso Basile, Emmanuel Castaldi, Agostino D'Elia, Umberto D'Incecco, Bartolomeo De Filippis, Antonio Del Mese, Emanuele Ferraro, Giovanni Galluzzo, Emmanuel Intartaglia, Giuseppe Roca, Raffaele Mazzocca. Gli ultimi tre - e qui la sorpresa è maggiore - sono Carmine, Ferdinando e Roberto De Angelis. Fratelli. I primi due, gemelli, hanno trent'anni. Roberto ne ha trentacinque. Tutti e tre hanno origini braciglianesi così come altri tre dei seminaristi prossimi all'ordinazione. Sei sacerdoti in un comune da poco più di 5.500 abitanti, dove però resiste una forte spiritualità alimentata dalla devozione al patrono San Giovanni Battista e dalle antiche tradizioni, a cominciare dalla processione del Gesù Morto e dell'Addolorata nel giorno di venerdì santo.

 

LA DECISIONE
«Su di noi - dice Roberto - ha influito molto la fede forte della nostra famiglia. E c'è un particolare curioso. Nessuno di noi fratelli sapeva che l'altro avesse maturato la decisione di entrare in seminario. Siamo stati chiamati dal Signore in tempi diversi, abbiamo esperienze personali differenti, ma tutti siamo entrati in seminario nel 2012. Quando lo abbiamo detto a mamma e papà, sono rimasti colpiti, ma entusiasti e felici». Ogni vocazione ha però bisogno di chi aiuti a capire bene se la strada sia quella. «Credo - prosegue Roberto - che la prima formazione avvenga sempre in famiglia, ma su di noi ha influito molto la figura di don Emmanuel Vivo, parroco di San Giovanni Battista, a Bracigliano, dal 1994 al 2016. Ci ha guidato nella decisione di entrare in seminario, accompagnandoci e cercando davvero di farci capire se quella fosse la nostra strada. Abbiamo fatto sempre vita di parrocchia: l'animazione della messa, le lezioni di catechismo, i campi estivi. Ma la vocazione, almeno per quanto mi riguarda, non nasce subito. Io ero fidanzato e stavo bene, ma mi mancava qualcosa. Cercavo un segno che mi facesse capire quale fosse la scelta da fare. Andai a Napoli a studiare Lingue straniere e decisi d'interrompere il fidanzamento. Intanto cercavo le chiese dove si tenesse l'adorazione eucaristica e nella preghiera, entravo in un dialogo familiare con Dio. Dopo un anno e mezzo tornai da don Emmanuel e gli dissi che volevo entrare in seminario. Lui mi chiese: sei sicuro? Devo dire che, appena ho cominciato gli studi, quel senso d'incompiutezza che provavo è scomparso». Chi ha custodito quella vocazione, chi l'ha accompagnata? «Il primo è l'arcivescovo Moretti - aggiunge Roberto - ha creduto in noi sin dall'inizio. Ci ha sempre detto: mettetevi nell'obbedienza di ciò che la Chiesa vi chiederà. È il segreto della gioia che noi tutti proviamo. E poi è stato sempre disponibile. È un vero padre così come don Gerardo Albano, il rettore. Non a caso lo chiamiamo padre rettore. Ha guidato i primi esercizi spirituali annuali, ci ha formato con le sue catechesi e ha mantenuto la porta del suo ufficio sempre aperta. E poi ricordo con affetto tutta la famiglia del seminario, ma in particolare monsignor Antonio Napoletano, vescovo emerito di Sessa Aurunca da poco scomparso. Se il rettore è stato padre, lui è stato un po' il nonno del seminario. Un modello di sacerdote. Dolce, accogliente, buono. Ha vissuto con noi per tre o quattro giorni alla settimana fino alla fine». Chiediamo a don Roberto se la gente si stupisca della scelta dei tre fratelli De Angelis. «Sì - dice - ogni anno si tiene la Giornata per il seminario nelle parrocchie diocesane. E nelle chiese noi seminaristi parliamo della vocazione. Quando raccontiamo di noi tre, è puntuale il classico stupore. Qualche scettico c'è sempre, ma anche lo scetticismo si può vincere se dimostriamo di essere veramente gioiosi per la nostra scelta, come diceva San Giovanni Paolo II».
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