Inquinamento ambientale. È questo uno dei titoli di reato - applicato per la seconda volta in Italia per delitti non legati a sversamenti abusivi - che la procura di Salerno ha contestato a dieci pescatori di frodo del napoletano in trasferta tra Punta Campanella e la Costiera Amalfitana per «rubare» coralli rossi e neri. Per loro anche contestazioni per pesca di frodo e commercializzazione illegale. Molti altri gli indagati, originari di Torre del Greco e Napoli - ma c'è anche un importante imprenditore di Civitavecchia - per i quali procede, per competenza territoriale, altra procura. L'accusa, per questi ultimi, è di ricettazione: sono artigiani e commercianti del settore.
La procura di Salerno (sotto il coordinamento del procuratore vicario Luca Masini e dell'aggiunto Luigi Alberto Caccavale) aveva chiesto per tre di loro l'arresto in regime di domiciliari oltre che il riconoscimento dell'associazione ma il gip ha ritenuto di procedere per tutti con l'obbligo di dimora nel comune di residenza e la prescrizione del divieto di allontanamento da casa dalle 4 alle 10 del mattino.
Un affare da un milione di euro che costerà molto di più in termini di tutela ambientale: secondo i biologi della stazione zoologica Anton Dohrn di Napoli ci vorranno almeno cinquant'anni perché nelle zone violentate dai pescatori possa riformarsi la barriera corallina. Esperti sub e forniti di attrezzature particolari e sofistici presidi ambientali più importanti della costa campana: quella dello scoglio dell'Isca di Praiano dove si trova anche la grotta del gambero, così chiamata perché è qui che si riproduce questo tipo di crostaceo. Oltre che Punta Campanella, area marina protetta. E le immagini che gli uomini della guardia costiera di Salerno, agli ordini del comandante Giuseppe Menna, si sono trovati dinanzi sono drammatiche. L'habitat naturale è stato violentato e distrutto e, a fare da testimone, sono proprio delle riprese - fatte sempre dalla Capitaneria - due anni prima in alcune di queste aree: laddove prima vi erano coralli e vegetazione, ora non c'è più nulla.
Quattrocento chili di corallo raccolto senza autorizzazione in due anni e venduto dai 2 ai 3mila euro al chilo. Oltre novanta i chili sequestrati nel corso delle indagini che hanno consentito di smascherare società taroccate le quali, sotto la veste di diving o enti di ricerca marina, in effetti praticavano la pesca di coralli illegalmente. Una di queste era anche in attesa della licenza per «servizi speciali» che le avrebbe consentito di dare una parvenza di legalità al proprio business.
Hanno preso il via il 12 febbraio del 2018 quando gli uomini della guardia costiera di Salerno hanno sequestrato al porto commerciale oltre due chili di corallo rosso del tipo corallium rubrum, una specie molto particolare prelevata attraverso la distruzione dei fondali marini rocciosi. Per i militari della Capitaneria, non fu un semplice sequestro di pescato illegale: partirono da li una serie di approfondimenti investigativi che hanno poi consentito di verificare l'esistenza di una vera e propria organizzazione specializzata proprio in questo tipo di pesca. Una volta individuati i primi componenti del gruppo, e messi sotto intercettazione telefonica e ambientale, gli uomini della guardia costiera sono poi riusciti a ricostruire tutti gli altri «affiliati» attribuendo un ruolo a ciascuno di loro. Nel corso delle indagini è stato sequestrato un brogliaccio sul quale venivano indicati i quantitativi di corallo pescato e le somme intascate grazie alla vendita illegale.
Così i pirati del corallo sfregiano
il paradiso di Punta Campanella
di Petronilla Carillo
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Martedì 10 Settembre 2019, 12:00 - Ultimo agg. :
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