Salerno, nelle mani dell'usuraio vende
il bar per pagare i debiti contratti

Salerno, nelle mani dell'usuraio vende il bar per pagare i debiti contratti
di Angela Trocini
Sabato 11 Giugno 2022, 09:29
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È stato costretto a chiudere il bar sperando di ricavare, dalla vendita dell'attività commerciale, i soldi necessari per pagare l'usuraio. In manette è finito Luca Bifulco, 28enne salernitano, accusato di usura aggravata: nonostante fosse agli arresti domiciliari per tentata estorsione, Bifulco continuava ad avere contatti telefonici con la vittima e chiedere somme di denaro. Per questo motivo, nei confronti del 28enne, il gip Marilena Albarano del Tribunale di Salerno ha disposto la misura cautelare in carcere (accogliendo la richiesta del sostituto procuratore Simone Teti), notificatagli ieri mattina dai militari del comando provinciale della Guardia di Finanza di Salerno agli ordini del generale Oriol De Luca.

La vittima, titolare di un bar nel centro cittadino, si era rivolta a Bifulco a causa delle difficoltà economiche acuitesi nel periodo della pandemia da Covid-19, chiedendogli un prestito di 8mila euro. La stessa vittima, che ha ampiamente collaborato con le forze dell'ordine, ha raccontato che Luca Bifulco, sin dal momento della concessione del prestito, gli aveva chiesto la restituzione di un importo aggiuntivo (a titolo di interessi) pari al 20 per cento al mese. Iniziate le indagini da parte dei finanzieri del nucleo di polizia economico finanziaria, coordinati dal tenente colonnello Claudio Molinari, è stato riscontrato che, a fronte del prestito di 8mila euro, Bifulco avrebbe percepito in circa due anni 33.600 euro in contanti. Ogni mese, infatti, il titolare del bar doveva corrispondere all'usuraio 1.400 euro, suddivisi in due tranche di 700 euro l'una nei giorni 2 e 18 del mese: proprio per far fronte a tali pretese usurarie, la vittima è stata costretta a chiudere l'esercizio commerciale e metterlo in vendita con la speranza di ricavare i soldi necessari per estinguere il debito.

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E diversamente da come accaduto nell'inchiesta dello scorso anno (quando personale della Direzione Investigativa Antimafia arrestò Luigi Bifulco, zio dell'odierno indagato Luca, per usura, violenza privata ed esercizio abusivo dell'attività finanziaria), nell'attuale vicenda gli approfondimenti investigativi non hanno portato alla luce evidenti pressioni e minacce sui familiari del debitore (come nell'inchiesta precedente in cui sarebbero stati minacciati anche i bambini dei debitori i cui familiari venivano «accerchiati», secondo le accuse, anche tramite contatti sui social) tranne un velato «ti devo venire a cercare», tra le conversazioni intercettate non ci sarebbe stata alcuna esplicita violenza o minaccia nei confronti del titolare del bar o di familiari di quest'ultimo. L'aggravamento dell'ipotesi di usura, riguarda il fatto che il reato sia stato commesso ai danni di un piccolo imprenditore che versava in difficoltà economiche. Queste le accuse, che potranno essere respinte o chiarite dall'indagato (difeso dall'avvocato Pierluigi Spadafora) nel corso dell'interrogatorio di garanzia che si terrà all'inizio della prossima settimana.

C'è da dire che il fenomeno dell'usura, tipologia di reato la cui percentuale di emersione è molto bassa (le vittime, solitamente, non denunciano per la paura di ritorsioni, per il timore di non avere più credito e perdere definitivamente l'attività) è sempre in agguato a causa dell'acuirsi della crisi economica determinata ancor di più dall'emergenza epidemiologica degli ultimi due anni. Anche nella relazione per l'inaugurazione dell'attuale anno giudiziario, si è fatto esplicito riferimento a come la drammaticità della crisi economica abbia «inevitabilmente orientato su diversi ambiti d'intervento il fenomeno criminoso che ha cercato di consolidare la presenza sul territorio mediante l'elargizione di prestiti di denaro a titolari di attività commerciali in difficoltà, allo scopo di fagocitare le imprese facendone uno strumento per il successivo riciclaggio e reimpiego di capitali illeciti. E esercitare forme oppressive di usura, anche verso le fasce più deboli a causa della crisi di liquidità o lavorativa». È per questo che gli investigatori stanno rivolgendo particolare attenzione alla fase economica post pandemica «per il concreto rischio di infiltrazione anche della criminalità comune (non sono quella organizzata) tra le pieghe delle criticità economico finanziarie».
 

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