«Dall’istruttoria dibattimentale è emerso pacificamente che l’Istituto non avesse adottato un protocollo collaudato per fronteggiare le emergenze che potevano verificarsi al suo interno, che l’impianto di videosorveglianza, che riprendeva solo gli spazi interni comuni(ovvero lo spazio antistante alle camere dei pazienti), non era funzionante, che il cancello d’uscita della struttura non veniva chiuso a chiave e veniva presidiato da un addetto al portierato sino alle ore 20». Così i giudici del tribunale di Potenza motivano la condanna per quattro persone - sentenze che vanno da 1 anno e sei mesi ad un anno - impiegate in un centro di riabilitazione per disabili a Venosa, ritenuti responsabili della scomparsa di Gaetano Sessa, 43enne di Pagani di cui non si ebbe più notizia dal 5 luglio 2013.
L’uomo fu visto l’ultima volta sul portone d’ingresso, mentre fumava una sigaretta.
Nelle motivazioni, ora depositate, i giudici spiegano il perché delle condanne: «A nulla rileva che il ricovero del Sessa - scrive il tribunale - fosse di tipo volontario e che le ricerche siano state attivate tempestivamente (circostanza di cui, peraltro, non vi è prova certa), in quanto lo stato di abbandono del paziente si era già consumato. Ulteriore concausa dell’evento addebitabile agli imputati era costituita dalla presenza di sole due unità di personale per circa quaranta pazienti ospitati al primo piano». E ancora: «Le omissioni di altri due imputati devono considerarsi causa dell’evento». Tra le persone condannate ci sono il direttore sanitario e il legale rappresentante della struttura. «Riguardo la particolare vulnerabilità del paziente Gaetano Sessa, deve ritenersi che la posizione degli imputati - una parte - avrebbe imposto l’adozione delle misure di sicurezza, idonee a scongiurare l’allontanamento del medesimo. Diversamente, la struttura avrebbe dovuto respingere il paziente o farlo sorvegliare in modo continuo». Per i giudici il paziente, che già era scomparso precedentemente, necessitava di una “vigilanza continua”, anche in ragione della sua storia clinica e diagnosi (l’uomo era affetto da psicosi da innesto e ritardo mentale). Le altre due condanne riguardavano operatori addetti alla struttura, che ora con i propri legali, visto il deposito delle motivazioni, potranno presentare ricorso in Appello.