I segreti di padre Gigi, l'eremita
che vive in un angolo di paradiso

I segreti di padre Gigi, l'eremita che vive in un angolo di paradiso
di Giuseppe Pecorelli
Giovedì 18 Aprile 2019, 12:00
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Stat Crux dum volvitur orbis. La Croce resta fissa mentre il mondo ruota. Il motto dei certosini è inscritto in un tondo posto nel timpano della chiesa di Sant'Erasmo, a Corbara, paese alle pendici dei Monti Lattari reso immortale dalle parole di Guy de Maupassant, scrittore viaggiatore francese che, nel 1800, muovendosi verso Ravello, fece tappa qui e, guardando la vallata fino al golfo di Castellammare di Stabia, appuntò sul taccuino: «Questo posto è una terrazza sul Paradiso». E proprio a Corbara, vive, lavora e prega Padre Luigi Lamberti, eremita della diocesi di Nocera Inferiore-Sarno, teologo e biblista.

Ordinato sacerdote nel 1998 nella parrocchia d'origine di San Biagio, a San Marzano sul Sarno, ha svolto prima il servizio di vicario parrocchiale ad Episcopio di Sarno e poi a Nocera Superiore, nella comunità di Santa Maria Maggiore. Dal 2002 ha guidato la parrocchia di San Sisto II a Barbazzano di Pagani fino alla scelta della vita eremitica che agli occhi dell'uomo contemporaneo può apparire radicale (e per certi versi lo è), in contrasto con i modi del mondo moderno, preso da frastuono, caos, corse quotidiane e frenetiche.
 
Una vocazione nella vocazione. «Più che altro ci dice, rispondendo alle nostre domande nei giorni in cui prepara i riti della Settimana Santa parlerei di maturazione della vocazione. Santa Teresina di Lisieux direbbe: Il Signore mi ha sempre fatto desiderare ciò che voleva darmi. Sin dagli anni del seminario avvertivo il richiamo a questo stile di vita, ma non capivo cosa fosse. Dopo anni, ero già presbitero diocesano, incontrai provvidenzialmente ogni coincidenza è sempre una premura della Provvidenza! nel parlatorio delle clarisse di Nocera Inferiore, padre Luis, un eremita diocesano di passaggio. Veniva da Fatima. Quando lo sentivo raccontare il suo vivere, diventava più chiaro per me quanto da tanti anni avevo dentro senza ancora un nome. È come quando, in un noto cioccolatino, trovi la frase che ti dice quanto vorresti dire».

«Da quel momento è iniziato il discernimento col mio Vescovo che era lo stesso che mi aveva accolto in seminario e mi ha ordinato presbitero. Pian piano anche il Vescovo ha constatato che questo particolare carisma ecclesiale completava la mia vita presbiterale. Così è maturato il frutto della vocazione eremitica diocesana e il frutto è sempre per gli altri. L'albero non mangia i propri frutti», conclude. Quella di Sant'Erasmo è una chiesa del Cinquecento. La si raggiunge salendo una scala ripida che conduce ad un piccolo sagrato, dove un angelo volge le spalle al mondo e porta il dito alla bocca invitando al silenzio. Tutto appare essenziale. «Io sono ospitato nei locali sottostanti la chiesa - continua Padre Luigi, che più confidenzialmente preferisce farsi chiamare Padre Gigi - da quando vivo qui, nel luogo che la Provvidenza mi ha donato, questo luogo è un eremo, ma non nasce come eremo. Non c'è chi mi ha preceduto nell'abitarlo. Una terrazza sul paradiso?, ha detto uno scrittore, ma è anche la definizione che ha dato qualche fedele dopo essere stato alla celebrazione eucaristica delle 6. A quell'ora, a partire dall'incontro con Gesù, varcata la soglia della chiesa per tornare a valle, tutto è visto con una luce diversa». I pellegrini, i cercatori di Dio (e con Dio di sé stessi), che ascendono all'eremo, troveranno un cartello proprio accanto alla statua di San Giuseppe con il Bambino: «Pellegrino, perché sei venuto? Ama il silenzio perché è il linguaggio dell'amore e con esso sali al monte santo per poter essere trovato degno dell'amicizia di Dio».

L'incontro con i fedeli è tra i momenti che caratterizzano la giornata di un eremita. «È scandita spiega il sacerdote da appuntamenti oranti attorno ai quali è organizzato il resto: accoglienza, lavoro, pasti, studio. La definizione dell'eremita diocesano è data dal Codice di Diritto Canonico, (can.603, 1 e 2); è il testo identitario che aiuta a vivere bene tale carisma. Ogni eremita diocesano, tenendo conto del contesto in cui vive, è chiamato a preparare una regola di vita». «La Chiesa - chiarisce il diritto canonico - riconosce la vita eremitica o anacoretica con la quale i fedeli, in una più rigorosa separazione dal mondo, nel silenzio della solitudine, nella assidua preghiera e penitenza, dedicano la propria vita alla lode di Dio e alla salvezza del mondo».

E attrae davvero quella vita solitaria, di preghiera, meditazione, lavoro costante. Chi sale a Sant'Erasmo da Padre Luigi cerca conforto, consolazione, indirizzo alla propria vita. Ed a volte è l'eremita che scende: ogni domenica confessa nella cattedrale di San Prisco, a Nocera Inferiore, ed ogni venerdì nella chiesa di San Giovanni, ad Angri. «Il ministero di un eremita afferma è quello dell'intercessione, sia nascosta che manifesta. Regolarmente scendo a valle per le confessioni e di lì è facile accordarsi anche per l'accoglienza in eremo per i colloqui di direzione spirituale. Occorre accordarsi perché l'eremo non ha campanello. Quando c'è una persona per essere ascoltata, il tempo è tutto di chi viene. Il campanello rompe il silenzio e la campana ci dona la preghiera». Le manca qualcosa del mondo?, gli chiediamo. Non ci riferiamo solo ad oggetti o beni, ma anche alla vita comunitaria. «Il Signore risponde dona tutto se stesso quando dona la vocazione. Prima mi mancava il completamento. Ero felice come un fidanzato, ora sono felice come uno sposo! Non mi manca nulla. Sono chiamato a vivere il dolce compito della restituzione». E, quando gli chiediamo se la vita eremitica non possa sembrare una fuga dal mondo, spiega che «un eremita non deve convincere. Un eremita è chiamato ad essere diversamente presente nel mondo. Il resto lo completa la Grazia».
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