Libero il boss che uccise Simonetta,
la sorella scrive a Mattarella: «Mi aiuti»

Libero il boss che uccise Simonetta, la sorella scrive a Mattarella: «Mi aiuti»
di Simona Chiariello
Sabato 16 Novembre 2019, 06:55 - Ultimo agg. 19 Marzo, 19:02
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Ha deciso di scrivere a Sergio Mattarella e chiedere giustizia per sua sorella Simonetta, uccisa il 29 maggio del 1982 a undici anni, mentre era in auto con il padre, il giudice Alfonso Lamberti allora procuratore di Sala Consilina, impegnato nelle indagini contro la Nuova Camorra di Raffaele Cutolo. Dopo la scarcerazione del killer, Antonio Pignataro, già condannato a trenta anni di carcere per lo stesso omicidio, Serena Simonetta Lamberti ha scelto di continuare a lottare. 

Non si è fermata agli appelli, lanciati dagli schermi televisivi, e ha scritto una lettera accorata al presidente della Repubblica, non solo per la sua carica istituzionale, ma per la sua storia personale. «Il fratello del presidente Mattarella, Piersanti, fu ucciso da Casa Nostra nel 1980 quando era presidente della Regione Sicilia - spiega Serena Simonetta - nessuno meglio di lui potrà capire il dolore, il senso di impotenza di fronte a queste tragedie. Io sono nata tra le macerie ed oggi, con la scarcerazione dell’essere che ha ucciso mia sorella, sono ripiombata nelle tenebre. Nel 2015, il 62enne ex esponente della Nuova camorra organizzata, aveva ottenuto i domiciliari per curare due tumori, di cui è affetto. Dopo due anni era tornato in carcere per il coinvolgimento in un’inchiesta su infiltrazioni camorristiche e scambio di voto al Comune di Nocera Inferiore.

Oggi Pignataro ha presentato, attraverso il suo avvocato, Antonio Sarno, un’istanza di scarcerazione per tornare a casa. E dopo aver scontato diversi anni nel carcere Opera di Milano, è stato rimesso in libertà per decorrenza di termini della custodia cautelare, e presto farà rientro a Nocera Inferiore, con il divieto di uscire di casa dalle 22 alle 8 del mattino. «È irreale - spiega Simonetta Serena Lamberti - come nel 2015 quando, già condannato in primo grado e all’inizio dell’Appello, ottenne i domiciliari per condizioni di salute così gravi da consentirgli, anche per l’assenza di controlli, di organizzare un clan. Solo grazie alle indagini dei Ros fu evitato un attentato. La mia rabbia si placò solo quando dopo due anni tornò in carcere». Dopo altri due anni, però, è arrivata la scarcerazione. «Ha continuato a fare del male, programmare crimini e omicidi, è tornato libero di stare con la sua famiglia, salvo non uscire dopo le 22. Io non posso stare ferma. Nonostante il dolore devo continuare a lottare. A Mattarella chiedo aiuto per ottenere giustizia. Sto pensando, anche perchè me lo stanno chiedendo in molti, di scrivere un libro».

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