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Sistema Salerno, i verbali segreti di Zoccola:
«Così il cerchio magico gestisce la città»

di Petronilla Carillo e Leandro Del Gaudio
Articolo riservato agli abbonati
Martedì 26 Ottobre 2021, 07:00 - Ultimo agg. : 19:39
4 Minuti di Lettura

«Cerchio magico». Una definizione che Vittorio Zoccola, uno dei principali indagati dell'inchiesta che ha travolto il Comune di Salerno, usa spesso quando parla del presunto «sistema» in grado di macinare voti e affari. E lui, Zoccola, di cose ne ha dette molte negli ultimi giorni, nel corso di ben due interrogatori finiti dinanzi al Tribunale del Riesame e che il Mattino è riuscito a visionare.

APPROFONDIMENTI
Inchiesta Salerno, Zoccola può uscire dal carcere. «Ha parlato 15 ore, qualcosa avrà detto»
Il Comune di Salerno diventa una fortezza,
porte chiuse ai cronisti dopo le inchieste
Massimo Giletti contro De Luca,
Sarno in tv: «Zoccola ha detto tanto»

Finito in carcere dopo aver gestito il sistema delle coop (soldi, assunzioni e consenso), Vittorio Zoccola chiama in causa nomi di amministratori e politici fino a questo momento estranei alle indagini, citando in alcuni punti anche il governatore De Luca, i figli Piero e Roberto e altri esponenti del mondo politico cittadino. Doverosa a questo punto una premessa: parliamo di persone che non risultano indagate, che avranno modo di replicare ai veleni del manager e ribadire la correttezza della propria condotta. Ma restiamo alle parole messe agli atti: «A Salerno - dice l'imprenditore e padre-padrone delle coop in carcere - decidevano tutto loro». Lo dice al gip durante l'interrogatorio di garanzia a poche ore dal suo arresto, lo ripete quando l'interrogatorio diventa investigativo. E la domanda è doverosa. Ma chi compone questo cerchio magico? È li che inizia il lungo «racconto», secondo la sua versione dei fatti. Il «cerchio magico», dice Zoccola agli inquirenti è composto da «Piero De Luca, Angelo Caramanno, Enzo Luciano, Franco Picarone e Dario Loffredo». Non emergono al momento episodi specifici da ricondurre alle persone citate da Vittorio Zoccola. Ha parlato tanto l'ormai ex supermanager, magari cercando di «ripulirsi», di proporsi come una «vittima del sistema», mostrando comunque di essere stato per anni «intraneo» a un meccanismo organizzato per macinare voti e clientele. 

Video

E lo fa quando si definisce un «supporter» del consigliere regionale Giovanni Savastano (finito ai domiciliari), ma soprattutto quando spiega il metodo dell'accoppiamento elettorale, che gli ha consentito per anni di «segnare» i numeri dei propri elettori. In che modo? Il meccanismo era semplice: abbinare nella sua richiesta di consensi il nome di Savastano con quello di una qualsiasi candidata di fuori Salerno. Così, tutti i voti del ticket formato da Savastano e da una cittadina qualunque erano da ascrivere a Zoccola. Un meccanismo del quale lui stesso ammette di aver parlato con Roberto De Luca (l'altro figlio del governatore Vincenzo De Luca). A lui Zoccola avrebbe sottolineato l'errore del fratello Piero, «di affidarsi al cerchio magico» e non chiamare in pista «la vecchia guardia», capace invece di produrre voti. Uno sfogo velenoso in mancanza di riscontri o qualcosa di più? Parole al vaglio della Procura di Giuseppe Borrelli, dell'aggiunto Luigi Alberto Cannavale e del pool di pm che lavorano sullo scandalo delle coop. Ma rimaniamo alle parole del manager. Durante il tour elettorale per le regionali, Zoccola porta Savastano anche da Michele Sarno (suo avvocato storico), anche se i due hanno idee politiche agli antipodi. Poi Zoccola riconosce tutte le intercettazioni e spiega agli inquirenti i diversi rapporti all'interno del mondo politico salernitano. Tanti omissis sulle pagine rese note alle parti. Zoccola si finge interessato al «bene dei lavoratori», quando racconta al gip della sua polemica sulle spazzatrici di strada che Salerno Pulita non voleva noleggiare dalla sua coop. Afferma che lui le avrebbe fatte utilizzare a 3.300 euro, invece dei cinquemila che la municipalizzata avrebbe pagato ad una società fuori Campania. Ma poi ammette che, quando nel 2002 l'allora sindaco Mario De Biase chiese la cessione delle quote delle coop al Comune ci sarebbe stato un intervento di Vincenzo De Luca, all'epoca deputato, ad indurlo a cambiare idea. Perchè, racconta agli inquirenti, mi disse che in caso contrario non avrei più avuto i benefici di cui godevo. Anche qui nessun riscontro per una vicenda che sarebbe accaduta quasi vengti anni fa, né è facile individuare precisi profili di responsabilità penale.

Zoccola, dunque, era il sistema. E lo spiega anche quando puntualizza il perché di quelle frasi intercettate di una conversazione tra lui e Picarone (non indagato, ndr), quando questi gli dice che ha «tradito il patto di sangue». Lui gli risponde di non aver tradito nessuno, ma di aver fatto come gli era stato detto da De Luca: 70 per cento a Savastano e 30 per cento a Picarone, a proposito dei voti sul territorio. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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