Trecento euro per un tugurio,
scatta l’inchiesta a Eboli

Trecento euro per un tugurio, scatta l’inchiesta a Eboli
di Laura Naimoli
Sabato 9 Aprile 2022, 06:00 - Ultimo agg. 12:02
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Trecento euro per pagare il fitto di un tugurio. Questo è quanto emerso da controlli e verifiche effettuati durante l’operazione sicurezza avvenuta sul litorale, in località Campolongo, mercoledì scorso. Attraverso accertamenti della polizia municipale, effettuati sui residenti migranti della zona, è stato trovato lo scontrino di una ricarica postepay da cui gli agenti sono risaliti all’identità del proprietario dell’immobile di via Guglielmo Pepe, ovviamente affittato in nero. L’alloggio in questione era ufficialmente fittato da una donna 31enne di origini napoletane ma residente a Terni. Le indagini hanno poi consentito di risalire anche al proprietario, sempre di origini napoletane, del complesso residenziale abusivo di via Silvio Pellico. Tutti i dati sono stati ovviamente trasmessi anche alla Guardia di Finanza che procederà nei loro confronti per accertare l’evasione fiscale.

«Procediamo un passo alla volta. Ma riporteremo la sicurezza e la legalità sul territorio. – ha detto il sindaco Mario Conte – Questa prima operazione concordata con la Prefettura, l’Asl, i carabinieri, gli assistenti sociali, ci è servita per cominciare a capire chi davvero c’è sulla nostra litoranea. Ma vorrei anche aggiungere un ringraziamento al colonnello Giancarlo Trombetti e al capitano Emanuele Tanzilli. Da circa una settimana ogni giorno due auto dell’arma pattugliano le strade di Eboli. Grazie anche al grande impegno della polizia municipale. Alle polemiche rispondiamo con i fatti». La pigione di 300euro, sembra essere una quota pro capite, per alloggi abitati da una ventina di persone quindi l’evasione e tutto ciò che ne consegue potrebbe assumere contorni più significativi. La situazione vissuta dai migranti soprattutto nella fascia costiera è nota da tempo. Altre operazioni, l’ultima prima dello scorso lunedì, fece emergere la tremenda realtà delle condizioni di questi lavoratori, molto spesso sfruttati nelle terre della Piana, che avevano occupato la struttura denominata Le vele a Santa Cecilia.

Si tratta di luoghi diversi, ma non troppo distanti né nello spazio né per le condizioni igieniche disastrose, in qualche caso aberranti. Come confermano anche da palazzo di città, i migranti non sono stati sgomberati dagli alloggi. E lì vi ritornano alla sera per mangiare e dormire, in attesa che i servizi sociali trovino altre collocazioni. L’idea è di coinvolgere anche le aziende presso cui molti migranti lavorano affinché garantiscano loro alloggi decenti evitando il ricorso al caporalato. 

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