Truffa milionaria al tenore Bruno Venturini, in cinque a processo

Dopo cinquant'anni di carriera e oltre cento milioni di dischi venduti in tutto il mondo, si è ritrovato sul lastrico

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di Viviana De Vita
Giovedì 24 Novembre 2022, 08:33 - Ultimo agg. 16:31
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Si trasforma in processo l'inchiesta della Procura sulla maxi truffa ai danni del noto tenore salernitano Bruno Venturini che, dopo cinquant'anni di carriera e oltre cento milioni di dischi venduti in tutto il mondo, si è ritrovato sul lastrico. A deciderlo, ieri, è stato il gup Valeria Campanile che ha rinviato a giudizio i cinque imputati accusati tutti di associazione per delinquere finalizzata alla truffa. Venturini e i suoi figli si sono costituiti parte civile. A processo, quindi, il consulente finanziario Gaetano Parlavecchia, 72 anni, salernitano; i suoi due figli, Umberto e Anna Parlavecchia; la moglie Raffaella Granata e la segretaria Marianna Siano. Per tutti l'imputazione è aggravata dalla rilevante gravità del danno patrimoniale, dall'aver approfittato dell'incapacità dettata dall'età e dalle scarse conoscenze della vittima in materia bancaria e dall'aver abusato di un rapporto di prestazione d'opera.

Complesso il meccanismo messo in piedi dal gruppo e ricostruito dalla Procura. Sotto la lente di ingrandimento della Procura, che ha analizzato il periodo compreso tra il 2006 ed il 2016, sono finite le centinaia di operazioni di trasferimento fondi e giroconti tra numerosissimi rapporti bancari che solo apparentemente erano riconducibili alla vittima. Proprio questa circostanza ha complicato ulteriormente le indagini finalizzate alla ricostruzione della reale movimentazione del patrimonio del tenore drenato nel giro di più di dieci anni. Ognuno, all'interno di quelli che gli inquirenti identificano come una vera e propria associazione per delinquere, rivestiva un ruolo ben preciso Secondo la tesi della Procura era Gaetano Parlavecchia, consulente finanziario di fiducia della famiglia dell'artista, a predisporre, all'insaputa della vittima, una falsa documentazione bancaria relativa alla consistenza del portafogli del cliente e a movimentare il patrimonio dello stesso in favore dei componenti dell'associazione. Per fare ciò l'uomo si sarebbe avvalso della collaborazione del figlio e soprattutto della moglie che avrebbe messo a disposizione conti correnti a lei intestati per drenare le risorse distratte al cliente.

Diverso il ruolo della figlia che, titolare di una rivendita di biglietti della lotteria, si prestava, secondo la tesi della Procura, ad un'attività di cambio degli assegni che il tenore intestava a lei per ottenere modiche cifre in contante necessarie per far fronte alle spese correnti, così da consolidare il rapporto fiduciario a fronte della distrazione di ingenti somme di danaro.

Determinante, infine, anche il ruolo della segretaria: secondo l'impianto accusatorio era lei infatti ad apporre, per conto del tenore, le firme sulla falsa documentazione attraverso la quale venivano poi distratte le somme di danaro.

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