Università, il saluto di Tommasetti:
«Adesso tutti uniti per il Campus»

Università, il saluto di Tommasetti: «Adesso tutti uniti per il Campus»
di Barbara Landi
Martedì 25 Giugno 2019, 12:00
4 Minuti di Lettura
«Essere rettore è il dono più grande della mia vita. L'emozione è forte, con la consapevolezza di aver realizzato tante cose e di aver gettato le basi per un'ulteriore crescita del nostro ateneo». Dinamico, internazionale, partecipativo, ma anche visionario e determinato, con scelte in controtendenza rispetto all'immobilismo del sud: così il rettore Aurelio Tommasetti descrive il campus di Salerno al termine del sessennio alla guida del suo governo. Traccia un bilancio positivo, con utile in attivo, e un'azione politica che rompe gli schemi con scelte inaspettate. Merito e trasparenza, ricerca e internazionalizzazione, progressioni di carriera, relazioni e apertura al territorio, centralità dello studente, nuove infrastrutture e sport come fattore aggregante per la ridefinizione del senso di appartenenza: queste le linee guida di un'azione strategica tesa a rendere Salerno sempre più attrattiva, con una reputazione internazionale rafforzata dall'ingresso nei grandi ranking tra l'élite dell'accademica mondiale. «Un rettore tra la gente e per la gente», così di definisce. E al futuro rettore anche un consiglio: «Unire le forze, perché l'università ha bisogno di tutti, non di divisioni e frammentazioni».

Rettore, se potesse tornare indietro, cosa stravolgerebbe del suo governo?
«Una sola cosa: la mancata realizzazione della metropolitana. Ci sono le dotazioni finanziarie. La Regione non è stata in grado di mettere in pista nei tempi giusti questo progetto sostenibile, realizzato dai nostri uffici interni, senza prevedere nuove linee o aperture, ma semplicemente una fermata intermedia e un sistema di sovrapasso, sostenibile anche dal punto di vista economico. Confidiamo che la politica si accorga di quanto si possa concretizzare in sinergia con la nostra università. Io sono ottimista».
 
Cosa che la rende più fiero?
«Il rapporto con gli studenti. Promuovere il merito è stato il maggiore orgoglio. È un'ossessione: vederlo realizzato al sud per i docenti, scegliendo i migliori, e per gli studenti, con la politica di rimborso delle tasse, è una bandiera unica. E poi l'internazionalizzazione, un campus che parla le lingue del mondo, un centro linguistico passato da 800 allievi all'anno a 13-14mila. La competizione oggi è internazionale, globale. L'entrata nei ranking, la reputazione mondiale, l'aver implementato la residenzialità. E ancora la scelta sostenibile, che però non è pienamente realizzata a causa dei tempi lunghi degli appalti: forse vedrò la prima pietra del nuovo impianto, già in gara, con copertura integrale a energie rinnovabili. Infrastrutture sportive, le Universiadi con la concretizzazione della Città dello Sport e la difesa del Villaggio degli atleti. Non è stato semplice. Sempre, però, gli studenti al mio fianco: abbiamo cambiato paradigma, l'università non è solo accademia, ma è vissuta dai nostri giovani».

Una politica di attrazione di menti brillanti.
«Risorse finanziarie e piano reclutamento straordinario per attrarre i migliori, sia studenti internazionali che docenti. Ben 500 nuove assunzioni e progressioni di carriera: un cambio generazionale del 60% della nostra comunità di docenti in 5 anni. Motivazione, programmazione delle risorse, bellezza dei campus, arte e il grande restyling Costruendo Unisa: piano colore, toponomastica, esterni, viabilità, terminal bus. Se il sistema nazionale ha registrato tagli alle risorse, noi abbiamo recuperato finanziamenti concentrandoci sugli obiettivi, ribaltando il livello locale».

Come immagina il futuro di Salerno?
«Migliore. In crescita. Abbiamo accettato la competizione, con una classe dirigente fortissima e un orizzonte temporale per programmare. Oggi siamo attrattivi. Su merito, qualità, difesa degli studenti, attenzione all'ambiente e al campus la comunità non è disposta a tornare indietro».

Il suo consiglio al futuro rettore?
«Mai l'uomo solo al comando. Sono inclusivo e motivazionale. Chi verrà dopo dovrà perseverare nel processo di crescita. Oggi abbiamo un patrimonio relazionale e reputazionale. Quella da rettore non è una competizione tra schieramenti politi opposti, ma tra colleghi. Chi vince avrà la responsabilità di unire nel progetto anche le altre forze. C'è spazio per tutti. Mi auguro capacità di coinvolgimento».

Cosa farà dopo il rettorato?
«Continuerò a impegnarmi nelle cose in cui credo, a lavorare per i giovani e per il mio territorio. Non è importante la forma, ma gli obiettivi che si vogliono raggiungere».

È soddisfatto?
«Soddisfatto e sereno. Riconosco solo sentimenti di gratitudine. Se volgo lo sguardo indietro, penso che le cose realizzate siano sogni che un bambino non potrebbe mai neanche immaginare».
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