Era giunto fino a Pagani, dalla Puglia, per curare un tumore al fegato. Durante l’intervento chirurgico si verificò un incidente, perchè Domenico Zefferino, 65enne, restò ustionato a causa di un corto circuito. Morì dopo un mese, nel settembre 2016. L’inchiesta nei riguardi dei medici è stata archiviata, dopo l’accoglimento del gip e l’inammissibilità di un reclamo presentato dal legale della famiglia della vittima. «Da accertamenti sanitari compiuti dal consulente - si legge - unitamente all’attenta lettura della cartella clinica viene chiarito che i medici indagati non ebbero responsabilità, avendo formulato una diagnosi tempestiva della patologia ed una corretta applicazione dei controlli». Le stesse ustioni, per Procura e Gip, «non hanno avuto alcun determinismo causale nel decesso del paziente, sopravvenuto per le complicazione di una cirrosi epatica e tenuto conto del dato che le ustioni erano anche in via di guarigione, prima che intervenisse lo scompenso della cirrosi». L’uomo fu ricoverato all’ospedale “Andrea Tortora” di Pagani. Un corto circuito al macchinario per l’elettrochemioterapia gli causò ustioni sul 10% del corpo. Gli indagati, che rispondevano di omicidio colposo, erano tre medici e tre infermieri dello stesso ospedale. Il paziente fu operato il 3 agosto: era un intervento di chirurgia chemioterapica.
L’intervento prevedeva delle applicazioni a livello locale di brevi impulsi elettrici, seguiti dall’iniezione di farmaci antitumorali che colpiscono direttamente le cellule cancerose.
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