«Per sette anni nella morsa dell'usura,
denunciare gli aguzzini mi ha salvato»

«Per sette anni nella morsa dell'usura, denunciare gli aguzzini mi ha salvato»
di Petronilla Carillo
Lunedì 25 Maggio 2020, 06:40 - Ultimo agg. 08:16
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«Volevo ammazzarmi, non ce la facevo più... Sono andata alla stazione, pronta a lanciarmi sotto il primo treno...Poi ho visto un’ombra dietro di me, come se mi abbracciasse e mi sono detta: no, perché morire? Devo combattere per la mia vita. Sono convinta che quel giorno era un angelo dietro di me, un angelo che mi ha dato coraggio». La chiameremo con un nome di fantasia, Stefania. È una giovane donna che per quasi sette anni è stata nella morsa dell’usura, quella di una donna che credeva essere un’amica e con la quale si era confidata, Stefania gestisce una cartoleria-edicola in provincia di Salerno. Nella vita di ognuno di noi ci sono momenti in cui la ruota non gira a Stefanua accadde una decina di anni fa: un ritardo nel pagamento dei cedolini dei libri per le elementari da parte del Comune e la sua attività ha avuto un grosso rallentamento. Le spese si sommavano alle spese e le entrate erano sempre poche. «Non ho avuto la forza di chiedere aiuto a mio padre, anziano e pensionato, e neanche ai miei fratelli che hanno tutti famiglia. Mi confidai con quella che credevo essere un’amica e lei mi disse che poteva aiutarmi. Ma che non lo avrebbe fatto lei direttamente ma persone che lei conosceva. Così riuscii ad avere un prestito di 10mila euro. Da lì sono iniziati i miei problemi». 

Stefania non sempre riusciva a pagare la «rata» nonostante le continue pressioni che la donna e suo figlio le facevano. Così il debito cresceva a causa, il tasso di interesse pure: fino al 110 per cento. «Quando potevo le davo l’incasso - ricorda la vittima - potevano essere 50, 80 o 150 euro, ma non bastavano mai». Stefania precisa che queste persone terze non sono mai entrate nel suo negozio ma che quella donna, subito dopo averle dato i soldi, ha cambiato atteggiamento. «Lei e suo figlio mi minacciavano - ricorda - un giorno presero le chiavi della mia auto e mi lasciarono al negozio. Andarono a casa mia e raccontarono tutto ai miei genitori. Non erano mai contenti. Dicevano che stavano perdendo la pazienza, che avrebbero fatto del male a me e ai miei cari. È stato allora che ho pensato di morire».

«Quando sono tornata dalla stazione, ancora in stato confusionale ho parlato con mio padre che ora non c’è più. Lui è stato molto chiaro, mi ha detto di non aver paura e di andare avanti ma mi ha anche detto che la scelta era mia. Così ho chiamato il mio primo fratello e insieme siamo andati a denunciare tutto ai carabinieri. Sono stato tutti molto attenti con me, hanno saputo starmi vicino durante tutta la fase delle indagini. Mi hanno subito tranquillizzata dicendomi che dietro quella donna non c’era nessuno. Poi c’è stato l’incontro con Sos Impresa, gli avvocati Tommaso Battaglini e Antonio Picarella e la mia attività si è ripresa».

’usuraia è stata condannata in via definitiva a due anni, il figlio ad una ammenda. Oggi il negozio di Stefania fornisce molti più servizi, lei ha saputo trasformare in attività una sua passione personale, la consulenza cosmetica e ha anche trovato l’amore. «La cosa che mi sento di dire a tutti quelli che si trovano nella mia condizione è: denunciate. Ho vissuto momenti bruttissimi, mi sono fatta un esame di coscienza e sono cresciuta. Certamente la famiglia è stato il mio punto di forza e la collaborazione dell’associazione antiusura Sos Impresa determinante»
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