Vallo di Diano, veleni nei fondi agricoli
blitz per evitare il disastro-rifiuti

Vallo di Diano, veleni nei fondi agricoli blitz per evitare il disastro-rifiuti
di Pasquale Sorrentino
Martedì 13 Aprile 2021, 08:12 - Ultimo agg. 2 Luglio, 10:49
3 Minuti di Lettura


Sette arrestati accusati a vario titolo di associazione per delinquere per traffico illecito di rifiuti e inquinamento ambientale nel Vallo di Diano. In carcere è finito Luigi «Re Mida» Cardiello, 78 anni, già oggetto di numerose indagini in materia ambientale di Sant'Arsenio, unico finito in carcere. Il figlio Gianluigi di 31 anni, Giovanni Cardiello di San Pietro al Tanagro (59 anni), Pasquale Quagliano di Sassano, Simone Nisi di Sala Consilina e gli imprenditori Francesco e Raffaele Pinto. Questi sono ai domiciliari (tranne Nisi che ha l'obbligo di dimora). Le manette dei militari sono scattate all'alba di ieri, quando gli uomini del colonnello Gianluca Trombetti, comandante provinciale dei carabinieri di Salerno, sono entrate in azione. I carabinieri della Compagnia di Sala Consilina guidati dal capitano Paolo Cristinziano hanno così portato a termine, almeno per questa prima parte, una inchiesta che li ha visti indagare sia attraverso le intercettazioni sia veri e propri pedinamenti (anche notturni tra le campagne del Vallo di Diano) per difendere il territorio da un grave e probabile danno ambientale. In un'occasione, tra Sant'Arsenio e Polla, i carabinieri sono riusciti a prevenire il disastro, in un altro, ad Atena Lucana, hanno provveduto a ricostruire l'accaduto. Lo sversamento di liquidi di risulta è stato «destinato» anche a Tursi, i Basilicata e in alcune cave del Foggiano.


I controlli dei carabinieri sono nati in seguito ad alcune contatti telefonici tra Raffaele Diana e Luigi Cardiello. È questo il contatto tra le due inchieste (degli idrocarburi e dello smaltimento illecito di rifiuti). Diana e Cardiello sono «vecchi amici» di smaltimento di rifiuti, entrambi vicini ai Casalesi e un loro contatto su una «operazione da fare» fa scattare il campanello d'allarme nei carabinieri che ascoltano la conversazione. Parte l'inchiesta «febbre dell'oro nero». Gli accertamenti eseguiti hanno permesso di appurare che il 78enne aveva l'esigenza di individuare nell'area del Vallo di Diano ed in quelle limitrofe della Basilicata nuovi terreni che non dessero adito a particolari sospetti e che fossero ben collegati con gli assi viari principali, per facilitare le operazioni di trasporto.

Video


Dai successivi approfondimenti sono emersi comportamenti illeciti riconducibili a una società di Polla, la Pracal collegata ai due Pinto, operante nel settore del ferro e dell'alluminio e una di Sant'Arsenio attiva nel settore del cemento, la Betonval di Pasquale Quagliano (entrambe sottoposte a sequestro preventivo) che si sarebbero rivolte all'ex «Re Mida» per smaltire in maniera più vantaggiosa i rifiuti. L'organizzazione è risultata particolarmente pericolosa per avere piena disponibilità di terreni di proprietà degli indagati, i cui fondi sono stati trasformati in discariche - costituite per la maggior parte da liquami composti da acidi. Nell'ottobre 2019, sono stati così intercettati e sequestrati diciottomila litri di solventi chimici pronti allo sversamento nel comune di Atena Lucana. La pericolosità di questi rifiuti era ben nota agli indagati, uno dei quali, addirittura, se ne lamentava al telefono con i propri complici facendo riferimento al fatto che il liquido trasportato aveva corroso la vernice del proprio veicolo. Un ex guarda carceraria che ha permesso agli inquirenti della Procura di Potenza, guidata da Francesco Curcio, di trovare conferma nella ricostruzione finora effettuata. Le successive operazioni di scavo, campionatura ed analisi svolte assieme all'Arapc hanno quindi permesso di certificare come il terreno fosse stato avvelenato da precedenti sversamenti. Situazione già peraltro ben evidente dalle fotografie aeree eseguite con droni, le quali palesavano nei terreni oggetto di sversamento chiazze colorate bluastro, i cui esami evidenziavano la presenza di rifiuti speciali pericolosi rientranti nella categoria «HP 14 Ecotossico». Il Comune di Atena Lucana ha annunciato che si costituirà parte civile in un eventuale processo.
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA