Stop terapie al malato di Parkinson:
«Inchiodato al letto tra dolori atroci»

Stop terapie al malato di Parkinson: «Inchiodato al letto tra dolori atroci»
di Sabino Russo
Sabato 4 Aprile 2020, 06:10 - Ultimo agg. 08:30
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Ha una rara forma di Parkinson, definito anche disturbo funzionale del movimento, ancora poco conosciuto e per il quale ancora non è presente una cura efficace, ma da quando sono state sospese le attività ambulatoriali ospedaliere non riesce a fare riabilitazione al centro del Ruggi, soffrendo così di dolori atroci. Il grido di aiuto giunge da Maurizio Raguso, 46enne salernitano, che da oltre un mese è bloccato a letto, con i muscoli che rischiano una nuova retrazione. Il giovane chiede di poter riprendere quanto prima il percorso terapeutico che stava effettuando. «È dal 12 febbraio che non effettuo più la riabilitazione motoria - spiega Maurizio - Ora, lunedì, devo chiamare, perché non so più come fare. Il 27 aprile, poi, ho anche la visita. Soffro come un animale. Ho dolori atroci alla schiena e alle gambe. Mi si è formata di nuovo la retrazione muscolare all’anca. Quando andavo al centro, nonostante la grande fatica del lavoro che mi facevano fare, perché sembrava di scalare una montagna, stavo meglio».
 

L’uomo effettuava 15 ore di terapia a settimana, presso il laboratorio di analisi del movimento del Ruggi, situato nel livello inferiore della palazzina amministrativa. La forma di Parkinson di cui soffre è di trasmissione ereditaria e si sviluppa tra i 45 e i 50 anni. Lo scorso anno già risultò positivo per familiarità, essendo questa una malattia genetica. C’è, poi, un precedente caso in famiglia con la sorella della madre. «Per fortuna, ora, mi sono arrivati dei cuscinetti particolari da mettere tra le gambe, perché quando dormo di lato, a causa dei forti dolori alla schiena, le ginocchia si toccano e mi fanno male le gambe - continua - Non riesco ad assumere la posizione supina. Per chi soffre di questa patologia, come sostengono anche gli esperti, la terapia non può essere mai sospesa. La colpa non è dei medici del centro, ma di chi assume certe decisioni. La cosa che più mi rattrista è vedere mia madre 85enne piangere mentre prega per me, perché mi vede soffrire». 
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