«Voglio chiarezza sulla morte di mio figlio», è l’accorato appello di Monica e Domenico, genitori di Vittorio Senatore, il 16enne che il 15 settembre 2019 perse la vita a causa di un incidente stradale avvenuto in via Benedetto Croce tra Salerno e Vietri sul Mare. In attesa che il gip Giovanna Pacifico del Tribunale di Salerno sciolga la riserva sull’opposizione alla richiesta di archiviazione del procedimento iscritto a carico di ignoti e formulata dal sostituto procuratore Mafalda Cioncada, i coniugi Senatore ancora non si spiegano la dinamica e la ricostruzione dei fatti «avvolti, ancora oggi, nel mistero» affermano.
Nella relazione depositata dal consulente tecnico della famiglia della giovane vittima (il medico legale Giuseppe Consalvo) sarebbe emerso che la causa del decesso non possa essere attribuita «alla collisione con il suolo ed il marciapiede» così come concluso dai periti nominati dal magistrato che hanno parlato della velocità del motociclo su cui viaggiava Vittorio Senatore (superiore ai limiti di velocità per i centri abitati) ed escludendo che i traumi riportati dalla vittima siano compatibili con lo «schiacciamento o sormontamento da parte di altro veicolo» (il giovane subì gravi lesioni al fegato tanto da “esplodere”, del rene destro, della vena cava inferiore ed alcune fratture).
I genitori hanno anche depositato le trascrizioni di file audio della conversazione di una teste oculare dell’incidente (la quale aveva appreso, sul luogo del sinistro, che la vittima stava dietro ad un motorino al momento dell’incidente) ed alcuni messaggi whatsapp estrapolati dal gruppo degli amici di Vittorio «che, a nostro parere, sorreggono dubbi e perplessità sul fatto», concludono. Ed articolata è l’opposizione alla richiesta di archiviazione del pm che l’avvocato Agostino Allegro, che rappresenta i familiari del giovane Vittorio, ha presentato al gip Pacifico nell’udienza camerale che si è tenuta il mese scorso (il giudice non ha ancora sciolto la riserva). In 14 pagine si fa riferimento, tra l’altro, all’atteggiamento «ambiguo e non collaborativo degli amici del 16enne deceduto», ma anche che l’esame esterno sul corpo del giovane non sia stato corredato da foto che documentassero le lesioni descritte nè degli abiti indossati dalla vittima che potevano essere utili a «verificare la sussistenza di lacerazioni o impronte riconducibili all’evento». Abiti che non sarebbero mai stati esaminati nè riconsegnati alla famiglia, andando dispersi dopo i soccorsi.