Women at Work, moda etica e sostenibile
al Dum Dum Republic di Paestum

Women at Work, moda etica e sostenibile al Dum Dum Republic di Paestum
Mercoledì 4 Agosto 2021, 19:38
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Moda etica e sostenibile: dal Dum Dum Republic parte il nuovo progetto “Women at Work”, una collezione tutta in cotone 100% biologico, con un risvolto sociale per le donne e per i bambini del pianeta.

Un’idea nata dall’incontro tra Mary Serah Koroma, una ragazza italiana nativa della Sierra Leone, e Biancaluna Bifulco, fondatrice e titolare del Dum Dum Republic

Due identità apparentemente distanti: Mary, modella che ha calcato le passerelle degli stilisti più famosi, elegante e fiera.  E Biancaluna, affascinata dal glamour anni ’80 e contraddistinta da quella gioia di vivere che cerca di trasferire all’isola felice del Dum Dum Republic.

Entrambe in giro per il mondo, la prima con le sfilate di moda, l’altra con la world music che fa da fil rouge al Dum Dum Republic.

«Abbiamo scoperto di avere molto in comune – sottolinea Biancaluna Bifulco – Donne del Sud del mondo, con il desiderio di essere indipendenti e di sfidare tutti i pregiudizi, innamorate del lavoro e del ballo, convinte che una piccola goccia nel mare sia importante per creare uno stile di vita più giusto e dignitoso.

Allora, perché non metterci all’opera e inventare un nuovo concetto di moda?». 

Da questa intuizione nasce Women al Work, una vera e propria rivoluzione culturale.

«Uno stile per donne libere e orgogliose, che con l’acquisto di un abito o di un accessorio possono aiutare altre donne a trovare un futuro. Gli abiti della collezione Women at Work non si comprano, si amano!», insiste Biancaluna. 

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La finalità del progetto è creare un Fondo per aiutare le donne e per realizzare un laboratorio sia online che offline.

La collezione è realizzata in cotone 100% biologico, cucita a mano da Mary, nel suo atelier “Intercultural Fashion Lab”, tutta dipinta con colori naturali.

Freschezza sulla pelle e leggerezza sono le prime sensazioni percepite nell'indossare i capi della collezione (abiti, accessori, costumi e borse) concepita con fibre naturali, come il cotone organico certificato Gots (Global Organic Textile Standard): leader mondiale nella definizione dei criteri ambientali e sociali che devono guidare la produzione e la lavorazione delle fibre organiche, dalla raccolta all’etichettatura del prodotto finito. Standard di certificazione sviluppato da una serie di organizzazioni operanti nell’agricoltura biologica, la Gots controlla ogni minimo anello della filiera tessile, con l’intento di verificare la totale assenza di sostanze chimiche non conformi ai requisiti base sulla tossicità e sulla biodegradibilità.

Minore impatto sull’ambiente, quindi, nei processi di produzione, senza consumo di acqua nè uso di pesticidi. Sostenibilità anche in termini di miglioramento delle condizioni dei lavoratori, contro qualsiasi forma di sfruttamento minorile o di salari minimi. 

«La nostra idea è quella di creare un movimento femminile che faccia bene alle donne e ai bambini del pianeta. Per cambiare il mondo con ago e filo – evidenzia Biancaluna – Insieme per le donne e i bambini del mondo».

Infatti, nel laboratorio di Women at Work si ha la possibilità di conoscere la persona che ha cucito l’abito. A breve i capi saranno accompagnati anche da un QRcode attraverso cui creare un dialogo tra chi lo ha prodotto e chi l’ha acquistato.

Altro aspetto cardine sarà la valorizzazione del carattere sartoriale, con un concetto di moda sostenibile che spinge ad una re-valorizzazione delle tradizioni e della arti più antiche, il cui patrimonio rischia di andare disperso.

E ancora sostenibilità come spinta all’innovazione tecnologica, generando nuove opportunità di crescita sociale ed economica.

Consumatori sempre più consapevoli ed esigenti, che desiderano conoscere come gli indumenti vengono prodotti e assicurarsi che i metodi di produzione rispettino l’ambiente e le condizioni lavorative del personale (che spesso, nel settore dell’abbigliamento, in Paesi in via di sviluppo costringe a condizioni di miseria e di sfruttamento).

Il gesto di acquisto diventa, così, un atto di amore, divenendo parte integrande di un progetto.

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