Contagi Covid, Cartabellotta: «Un milione di dosi a settimana, solo così saremo in sicurezza»

Il presidente della fondazione Gimbe: "Sui richiami regioni in ordine sparso"

Contagi Covid, Cartabellotta: «Un milione di dosi a settimana, solo così saremo in sicurezza»
Contagi Covid, Cartabellotta: «Un milione di dosi a settimana, solo così saremo in sicurezza»
di Mauro Evangelisti
Lunedì 8 Novembre 2021, 06:09 - Ultimo agg. 21 Febbraio, 04:27
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La sfida per mettere in sicurezza il Paese? Un milione di vaccinazioni anti Covid a settimana. Entro la fine dell'anno. Bisogna effettuare tutti i richiami (le terze dosi) mentre aumenterà il numero di persone per le quali sono trascorsi sei mesi dal completamento del ciclo vaccinale. Nino Cartabellotta, presidente di Gimbe, la fondazione che da inizio pandemia analizza i dati sui contagi, avverte: i nuovi casi stanno aumentando, dobbiamo difenderci consolidando le immunità in milioni di italiani vaccinati nella prima parte del 2021.

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Con questo ritmo di crescita dei casi e dei ricoveri rischiamo un Natale con gran parte delle Regioni in giallo?
«Su questo sarei molto prudente. Per andare in zona gialla, oltre a un'incidenza di casi settimanali maggiore di 50 per 100mila abitanti, il tasso di occupazione dei posti letto da parte di pazienti Covid deve essere contemporaneamente maggiore del 15 per cento in area medica e del 10 in terapia intensiva. Ovvero la zona gialla non è un'evenienza molto probabile, anche perché le Regioni hanno sempre la facoltà di aumentare i posti letto disponibili, pur sottraendoli alla cura di altre patologie. In ogni caso, visto che l'impatto ospedaliero dei contagi è inversamente correlato alle vaccinazioni, a parità di circolazione virale rischiano più i territori con le coperture vaccinali più basse, soprattutto negli over 50, o che vanno a rilento con la somministrazione della terza dose. Fondamentale l'uso della mascherina al chiuso e anche all'aperto se non è possibile rispettare il distanziamento».
Le terze dosi stanno andando lentamente o semplicemente dobbiamo aspettare che per più persone trascorrano i sei mesi dalla seconda iniezione?
«Con la dose aggiuntiva destinata agli immunodepressi, abbiamo coperto circa il 35 per cento di una platea fissa costituita da 883mila persone. Ma le differenze regionali sono enormi: Umbria e Toscana hanno raggiunto il 100 per cento, Puglia, Basilicata e Valle d'Aosta sono al di sotto del 10. Invece, la platea della terza dose si espande man mano che trascorrono i sei mesi dal completamento del ciclo vaccinale. Con le attuali categorie definite, ogni settimana aumenta di circa 800 mila persone. Anche qui le notevoli differenze regionali sono condizionate dal modello organizzativo: vanno meglio le Regioni che usano la chiamata attiva rispetto a quelle che si affidano alla prenotazione volontaria».
Quante nuove prime dosi dovremmo somministrare fino a Natale per metterci in sicurezza?
«I non vaccinati oggi sono circa 7,3 milioni, di cui il vero tallone d'Achille sono i 2,6 milioni di over 50 a rischio di malattie gravi e ospedalizzazione.

Ma temo che ormai siamo arrivati ad uno zoccolo duro difficile da scalfire, visto che i nuovi vaccinati oscillano tra 15 e 20 mila al giorno. Peraltro è bene ribadire che non è noto quanti siano gli esonerati dalla vaccinazione».


E quante terze dosi invece servirebbero per consentirci di resistere alla quarta ondata?
«In base alla platea vaccinabile restano ancora da somministrare oltre 4 milioni di dosi alle quali, entro fine anno, si aggiungeranno progressivamente circa 7,4 milioni di over 60 che hanno completato il ciclo vaccinale nei mesi di maggio e giugno e circa 750 mila vaccinati con Johnson&Johnson entro fine giugno. Complessivamente si tratta di oltre 12 milioni di persone da coprire con la dose di richiamo, ovvero, oltre 1 milione a settimana che rappresenta un'enorme sfida sia in termini di comunicazione e persuasione sia di (ri)organizzazione, vista la chiusura di numerosi grandi hub vaccinali».
Secondo lei la velocità della crescita di nuovi casi si sta abbassando?
«La scorsa settimana c'è stato un evidente rallentamento, ma influenzato dalla netta riduzione del numero dei tamponi per la doppia festività. Al 6 novembre la media mobile a 7 giorni è risalita a quasi 5mila casi al giorno, riprendendo il trend di fine ottobre. È un dato che va osservato continuamente, sapendo che oggi riflette situazioni regionali, oltre che provinciali, molto diverse».
Cosa pensa della proposta di legare il Green pass solo a vaccino o guarigione? E delle limitazioni per non vaccinati decise dall'Austria?
«La soluzione Green pass solo con vaccino o guarigione coincide, di fatto, con un obbligo vaccinale: infatti, senza la scappatoia del tampone e se non si è contratto il virus, non resta che vaccinarsi. Anche il lockdown per non vaccinati è in sostanza un Green pass senza l'opzione tampone che introduce una forte limitazione della vita sociale. Ma visto che siamo in uno Stato di diritto, le misure di sanità pubblica devono sempre essere coerenti con le norme vigenti, ovvero è prioritario riallinearle qualunque sia la scelta politica».

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