Coprifuoco più leggero, riaperture anche dei ristoranti al chiuso, maggiore libertà: il traguardo si sta avvicinando, secondo Fabio Ciciliano (medico della Polizia di Stato e della Protezione civile e membro dalla prima ora del Cts), ma questa settimana bisognerà consolidare la discesa evidente dei nuovi casi positivi e dei ricoveri. C’è solo una enorme incognita all’orizzonte. Se l’estate del 2020 fu quella dell’irrazionalità in cui si pensò che la pandemia fosse finita preparando il terreno a un drammatico autunno, l’estate 2021 potrebbe essere quella dell’incoscienza, perché potrebbe essere più difficile convincere le giovani generazioni (quarantenni, trentenni e ventenni) a vaccinarsi. «E così si allontanerà l’immunità di gregge e a settembre il virus potrà tornare a circolare, visto che una parte della popolazione non sarà ancora protetta».
Andiamo verso la normalità?
«Bisogna valutare impatto sui numeri delle riaperture del 26 aprile.
Abbiamo benefici dalle 25 milioni di somministrazioni?
«Abbiamo constatato una diminuzione clamorosa dei casi gravi e dei ricoveri tra gli anziani e gli operatori sanitari. I vaccini funzionano e funzionano molto bene».
Giusto alleggerire il coprifuoco?
«Il ragionamento da fare ora è politico. Se l’obiettivo è andare alle riaperture e soprattutto alla ripresa del turismo, non c’è dubbio che il coprifuoco vada alleggerito o rimosso. Se lo immagina un turista americano o tedesco che prenota le vacanze in Italia sapendo che alle 22 dovrà tornare in hotel? Se i numeri anche del nuovo report saranno positivi, penso che si possa ripensare alla durata del coprifuoco, fino all’eliminazione. Lo stesso vale per la ripresa dell’attività dei ristoranti al chiuso, tenendo sempre conto che tutto ciò che avviene al chiuso è molto più critico dal punto di vista epidemiologico».
Ma quale obiettivo dobbiamo raggiungere?
«Dobbiamo consolidare la diminuzione dei casi. Pensi che a luglio, nel 2020 avevamo 2 nuovi infetti ogni 100mila abitanti su base settimanale, oggi siamo attorno a 100. Ma sono due situazioni differenti, perché oggi noi abbiamo l’obbligo di diffondere il più possibile i vaccini. Quando avremo protetto buona parte della popolazione, soprattutto i più fragili, sarà meno impattante sapere che ci sono ancora casi positivi. Detto questo, l’obiettivo deve essere scendere al di sotto dei 50 casi ogni 100mila abitanti, perché si potrà tornare a fare un completo tracciamento dei casi. Ma per riaprire o eliminare il coprifuoco non dobbiamo per forza aspettare di avere quel dato, dobbiamo semmai consolidare la tendenza. Io auspico un giugno con molte aperture, magari progressive. Anche se vi sono alcune attività come le discoteche che dovranno aspettare ancora. Lo stesso vale per gli stadi o i palasport pieni: come Cts abbiamo dato il via libera al pubblico solo a capienza ridotta. Il vero obiettivo è arrivare a una nuova normalità in autunno, evitando una ripresa della circolazione del virus. Per questo è importante avere immunizzato per l’autunno almeno il 70 per cento della popolazione».
Cosa potrebbe andare storto?
«In estate ci può essere una frenata delle vaccinazioni. Arriveremo alle fasce più giovani che però avranno meno propensione a vaccinarsi anche perché c’è una certa assuefazione al rischio. E hanno maggiore socialità e dunque, senza vaccinarsi, potrebbero favorire una nuova circolazione del virus. Rischieremo di non raggiungere l’immunità di gregge se non convinceremo anche i giovani a vaccinarsi».
Non sarebbe utile per convincere più persone a vaccinarsi rendere più stringente il green pass? Limitare viaggi o eventi pubblici a chi non è vaccinato, evitando di inserire come scorciatoia i tamponi.
«Lo potremo fare solo quando avremo sufficienti vaccini per tutti. E teniamo conto che la formula attuale del green pass, che si ottiene anche con il tampone, è europea».