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Infermieri, la grande fuga: 65mila posti scoperti. «Corsi di laurea deserti», domande diminuite in un anno del 10%

Le domande per le professioni sanitarie sono diminuite in un anno del 10 per cento

Infermieri, la grande fuga: 65mila posti scoperti. «Corsi di laurea deserti»
Infermieri, la grande fuga: 65mila posti scoperti. «Corsi di laurea deserti»
di Graziella Melina
Articolo riservato agli abbonati
Giovedì 14 Settembre 2023, 00:15
4 Minuti di Lettura

Sarà per lo stipendio non allettante, i turni di lavoro pesanti e le prospettive di carriera ridotte al lumicino, fatto sta che la professione infermieristica non attira più i giovani.

Stando al report della Conferenza nazionale corsi di laurea professioni sanitarie, infatti, le domande di accesso ai corsi di laurea rispetto allo scorso anno accademico sono diminuite del 10%.

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Infermieri, la grande fuga

In alcuni atenei, per la prima volta, le richieste non raggiungono nemmeno il numero di posti a bando: «Da 25.539 domande dello scorso anno si passa alle attuali 22.870 su 19.860 posti, con un calo medio nazionale di -10,5% che è diverso fra le Università delle tre aree geografiche: Nord -14,0%, Centro -14,4% e Sud -5,4%». Il che vuol dire che la carenza degli infermieri, in futuro, potrebbe mettere a rischio la qualità delle cure. Come ricorda La Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche (Fnopi), la Corte dei conti ha indicato un buco di 65.000 unità; e con il decreto 77/2022 sul riordino dell’assistenza sul territorio si stima servirebbero almeno altri 20mila infermieri, di famiglia e di comunità. La situazione diventa ancora più preoccupante, poi, se si considera che i 10mila pensionamenti annui di infermieri dal 2029 raddoppieranno; senza contare inoltre i quasi 30mila infermieri italiani andati a lavorare all’estero.

«Intanto, oltre 13mila infermieri stranieri sono in servizio, a vario titolo, sul territorio nazionale – denunciano dalla Fnopi – senza iscrizione agli Ordini e senza i dovuti controlli sulla conoscenza della lingua, in virtù delle deroghe previste da decreti emergenziali, che quindi lavorano in un contesto di totale insicurezza delle cure». I sindacati continuano ad alzare la voce. «È lecito ora domandarsi – rimarca Antonio De Palma, presidente nazionale del Nursing Up - cosa abbia fatto la politica negli ultimi 12 mesi per ricostruire l’appeal di una professione che appare decisamente allo sbando, dal momento che già un anno fa la scottante questione era stata posta all’attenzione dell’opinione pubblica, con un calo di iscrizioni che, già allora, era stato pari al – 9,2%. Nonostante il numero dei posti disponibili nel 2022 fosse stato allargato con una percentuale del 3,5%». Le criticità, dunque, sono ormai note da tempo. «Mentre su medicina con 80mila domande su 20mila posti le richieste delle Regioni vengono evase – ricorda Andrea Bottega, segretario nazionale del Nursind - per infermieristica siamo lontani anche da qualsiasi soglia di sicurezza: con circa 3mila domande in più rispetto ai posti messi a bando; vuol dire che non si riuscirà neppure a coprire il turnover. Parliamo di una carenza stimata di 70mila unità che è destinata solo ad aumentare».


Al calo di domande, si aggiunge poi un altro dato negativo. «Chi con coraggio decide di iscriversi alla facoltà di infermieristica – osserva De Palma - deve affrontare un duro percorso che non sempre giunge a compimento: alto è infatti anche il tasso di abbandono degli studi prima del loro termine, con una preoccupante percentuale che oscilla tra il 19 e il 20%». A conti fatti, stando ai sindacati, l’Italia rischia di perdere nei prossimi tre anni fino al 30-30,5% di infermieri rispetto ai numeri programmati dalle stesse Regioni e dal Governo.


LA STRATEGIA
E se intanto la Fnopi prova ad aprire le porte a più professionisti possibile, per la Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri (Fnomceo) si pone il problema opposto: gli studenti che provano a iscriversi a medicina non mancano mai. «La professione medica continua ad essere attrattiva per tanti giovani», spiega il presidente della Fnomceo, Filippo Anelli. Ma per molti resta lo scoglio del numero chiuso. Sul quale però i medici fanno muro. «I nostri ragazzi vanno all’estero e sono ambiti perché hanno una formazione di qualità – rimarca Anelli - Se aumentiamo il numero di iscritti, la qualità viene meno. E, comunque, dobbiamo anche considerare l’aspetto occupazionale: se formiamo per esempio 90mila medici, per una questione etica alla fine del percorso di studi lo Stato dovrebbe garantire altrettanti posti di lavoro». 
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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