Coronavirus, quanto durerà? Pugliese: «Fase acuta superata, siamo attrezzati per l'ondata di ritorno»

Coronavirus, quanto durerà? Pugliese: «Fase acuta superata, siamo attrezzati per l'ondata di ritorno»
Coronavirus, quanto durerà? Pugliese: «Fase acuta superata, siamo attrezzati per l'ondata di ritorno»
di Raffaella Troili
Mercoledì 15 Aprile 2020, 08:51 - Ultimo agg. 09:45
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Professor Francesco Pugliese, direttore del Dipartimento emergenza, accettazione, anestesia e aree critiche dell'Umberto I, i dati scendono ma restano importanti focolai.
«Abbiamo superato la fase acuta e ci stiamo ormai strutturando per rispondere a eventuali onde di ritorno, la grossa scommessa è mantenere il link epidemiologico dei nuovi casi. Intanto i dati fanno propendere per una visione ottimistica dei contagi, se non ci fossero i cluster delle rsa, saremmo intorno al 2%».

All'Umberto I l'emergenza è rientrata.
«Gli accessi di contagi positivi si sono ridotti drasticamente nei giorni scorsi, parliamo di non più di 2/3 al giorno, con sempre una quota parte riferibile alle rsa. Il contagio tra cittadini è quasi annullato. Quanto ai ricoveri, siamo passati da 230 totali di cui 30 in terapia intensiva a 140 (18 in rianimazione)».

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Le restrizioni funzionano.
«Si dimostra la validità delle misure di contingentamento, anche noi medici una piccola comunità di 2.500 persone stiamo usando tutte le precauzioni del caso e i contagi sono quasi pari a zero. In prospettiva se la gente riesce a essere rigida come lo è ora, il rischio contagio sarà abbattuto di oltre il 90 per cento».

Bisogna cambiare stile di vita.
«Per primo il nostro approccio mentale, abituarci a convivere con questa malattia fino al vaccino, la riapertura di maggio è destinata solo a riattivare le attività economiche e non mandare in default il Paese, c'è una microeconomia che va salvaguardata, ma rispettando le distanze. E anche i ragazzi devono uscire».

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Non è pericoloso?
«Sono molto più saggi di quanto pensiamo noi, si vedranno in piazzetta, non si toccheranno, anche se qualcuno si bacerà, fa parte della vita e la vita deve riprendere il suo corso. L'importante è che il paese garantisca posti letto, abbiamo nel giro di un mese raddoppiato quelli in terapia intensiva, il margine di risposta all'ondata di ritorno è più che ampio, siamo attrezzati, l'importante è che il Paese sia in sicurezza e che garantisca mascherine ogni giorno, certe cose devono essere garantire dallo Stato anche per avere una valenza maggiore».

Ci incontreremo con la mascherina.
«Non avendo ancora il vaccino né una terapia medica continueremo a infettarci ma per un discorso di economia dobbiamo vivere, la nostra società deve vivere. I cittadini sono stati bravi, scrupolosi, encomiabili, specie il centro sud, capito che l'unica salvezza è stare a casa».

Ad oggi l'unica certezza sono i tamponi.
«Sì, purtroppo non sempre il tampone viene positivo anche in presenza di malattia, c'è una quota parte che sfugge, pazienti che hanno la tac positiva e il tampone negativo e che non si possono collocare né con i negativi né con i positivi. Credo che la Regione a giorni avvii i test sierologici a cominciare dagli operatori sanitari, molto più semplice che mettere in campo la macchina dei tamponi per tutti».
 

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Che vita ci aspetta nell'immediato?
«Ricominceremo a uscire, tutti con la mascherina, sarà elemento di memoria per ricordarci il distanziamento e non frequentare posti troppo affollati. Credo sia utile anche l'isolamento comunale, oserei dire municipale nel caso di una città come Roma, ridurre al massimo gli spostamenti personali in modo che per ogni positivo sia facilmente ricostruibile la catena dei contatti in modo da ricostruire il link epidemiologico. Ma vuole mettere. già rivedere le persone, il piacere di uscire, star fuori: è una delle cose più belle della città. Certo, i ristoranti dovranno attrezzarsi per una maggiore disponibilità di tavolini all'aperto e distanziati. Quanto a noi, i reparti sono in stand-by, dopo il 3 maggio ci aspettiamo un nuovo incremento del numero di contagi, alla luce delle uscite, lo dobbiamo accettare psicologicamente, se si esce si corrono rischi, ma il sistema sanitario è pronto a rispondere».

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