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CORONAVIRUS

Vaccino ai bambini, il pediatra Valentini: «È l'unica arma, si ammalano anche i neonati»

Il responsabile di Malattie infettive pediatriche del Gemelli: «Nessuna età è stata risparmiata»

Il pediatra Valentini: «Vaccino unica arma per i bambini, si ammalano sia bambini che adolescenti»
Il pediatra Valentini: «Vaccino unica arma per i bambini, si ammalano sia bambini che adolescenti»
di Graziella Melina
Articolo riservato agli abbonati
Lunedì 6 Dicembre 2021, 15:17 - Ultimo agg. : 7 Dicembre, 09:53
5 Minuti di Lettura

«Non è vero che i bambini non si ammalano di covid e non hanno bisogno di cure in ospedale. Il rischio c’è per tutti. Solo il vaccino li può proteggere». Il pediatra Piero Valentini, responsabile di Malattie infettive pediatriche del policlinico Gemelli di Roma, osserva i piccoli pazienti giorno per giorno, li visita, li monitora e prova a capire quale possa essere la mossa giusta per farli guarire. «Si ammalano a qualsiasi età, dai neonati agli adolescenti. Il primo paziente che abbiamo trattato - ricorda quasi li avesse davanti uno ad uno - aveva otto mesi. Poi ce ne sono stati altri più grandi».

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I bambini quindi rischiano come gli adulti di contagiarsi e ammalarsi?

«Certo, da quando è iniziata la pandemia ne ho visto diversi. L’incidenza dei casi covid in età pediatrica è nettamente più bassa rispetto a quella dell’età adulta e degli anziani in particolare, ma non c’è un’età che può essere risparmiata. In questo momento, ne abbiamo due, di cui uno adolescente non vaccinato con un’infezione di covid acuto e un altro con una sintomatologia persistente da circa 3 mesi. Stiamo facendo accertamenti per capire se ci troviamo di fronte quel quadro noto come long covid. Ma ci sono anche pazienti piccolissimi. Solo qualche giorno fa abbiamo dimesso un neonato che si è infettato dalla madre».

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Un bimbo già positivo alla nascita?

«Sì, la mamma si è infettata poco prima del parto. Quella è infatti la fase in cui in una gravidanza è più possibile la trasmissione di un agente infettivo dalla madre al feto. Dopo la nascita, abbiamo dovuto ricoverare anche il piccolino perché aveva febbre alta e un quadro respiratorio che si è acutizzato nei giorni successivi. Ha avuto bisogno di supplementazione di ossigeno per mantenere le condizioni stabili. Poi, per il resto, è stata un’evoluzione abbastanza buona e dopo due settimane lo abbiamo dimesso».

La mamma non si era vaccinata?

«Purtroppo no. È stata una casualità, aveva posticipato la vaccinazione per motivi organizzativi e purtroppo si è contagiata».

E per 15 giorni non ha potuto abbracciare il piccolino?

«Era lievemente sintomatica e allora per permetterle di stare insieme col bambino abbiamo ricoverato anche lei nel reparto pediatrico per permetterle di continuare ad allattarlo».

 

Ora il neonato sta bene?

«Lo abbiamo dimesso, ma continueremo a seguirlo. Il problema è che il covid è una malattia nuova. Quello che sta venendo fuori, nell’ambito del cosiddetto long covid, è che ci sono persone che possono avere persistenza di sintomi, i più vari, dopo un’infezione da covid acuta. E ci sono anche soggetti che possono non avere sintomi in fase acuta e viceversa possono presentare quadri anche importanti, come la famosa sindrome infiammatoria multisistemica, che è la forma più grave di covid in età pediatrica, e si può manifestare a distanza di due, tre mesi dal momento in cui c’è stata un’infezione».

Che sintomi hanno in genere i bambini?

«È un quadro che non ha innanzitutto la possibilità di essere definito dal punto di vista laboratoristico. Sono sintomi che hanno caratteristiche simili a quelli causati dalla malattia di Kawasaki e in parte simili allo shock settico. Tuttavia si tratta di un quadro effettivamente nuovo».

I disturbi più frequenti che ha osservato?

«Alcuni bambini presentano per esempio una alterazione di alcuni parametri della coagulazione, a volte hanno bisogno di essere trattati con cortisonici, a volte con immunoglobuline, oppure devono fare una terapia anticoagulante. In linea di massima ne escono bene, però possono avere un interessamento cardiaco, ossia una miocardite o una pericardite».

E molti di questi li state ancora trattando nonostante siano guariti?

«Certo, abbiamo seguito per esempio alcuni adolescenti che presentavano disturbi di tipo respiratorio ancora a distanza di tempo. Si stancavano facilmente, presentavano affanno dopo sforzi anche minori, e sottoponendoli ad alcuni test strumentali combinati, ossia esami cardiopolmonari, abbiamo visto che questi soggetti possono presentare in alcune aree del polmone una alterazione della vascolarizzazione. Probabilmente, anche loro vanno incontro a quei fenomeni di microtrombosi del circolo polmonare che è stato ampiamente descritto nei casi degli adulti».

Devono continuare a prendere farmaci?

«Sì, se si riscontra la necessità, valutiamo se è il caso di iniziare un trattamento di anticoagulanti».

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Trattare pazienti così piccoli affetti da una patologia per molti versi ancora sconosciuta deve essere ancora più impegnativo.

«Di sicuro siamo abituati a vedere bambini che hanno problemi anche più gravi. Però, è ovvio che quando si hanno conoscenze più dettagliate e si sa con precisione la strada da seguire, ci si sente quantomeno più tranquilli».

Resta solo il vaccino per proteggere i più piccoli?

«Certo. I famosi casi di miocardite come effetti collaterali sono un numero risicato rispetto alle ormai innumerevoli dosi di vaccino somministrato. Si tratta poi di casi di lieve entità che si sono risolti rapidamente. Bisogna proteggere tutti con il vaccino».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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