Vaccino obbligatorio? Abrignani (Cts): «In dieci milioni rifiutano l'iniezione, senza obbligo non fermeremo il virus»

Vaccino obbligatorio? Abrignani (Cts): «In dieci milioni rifiutano l'iniezione, senza obbligo non fermeremo il virus»
di Mauro Evangelisti
Lunedì 24 Maggio 2021, 06:50 - Ultimo agg. 17:33
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«Se vuole la mia opinione personale, io sono favorevole all'obbligo vaccinale. Qui stiamo parlando di un'emergenza di sanità pubblica».
Il professor Sergio Abrignani, immunologo del Policlinico universitario di Milano e componente del Comitato tecnico scientifico, lo dice con prudenza perché sa che quello del vaccino anti Covid obbligatorio è un terreno minato, ma anche lui è favorevole a una azione più efficace per aumentare il numero di persone che si immunizzeranno.

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Professore, la campagna vaccinale ora è più veloce. Resta il problema di una quota di persone - bassa per gli ottantenni, più alta tra settantenni e sessantenni - che ancora non sono protette.
«Nel caso degli ottantenni ormai è marginale il numero di chi non è vaccinato, d'altra parte è impossibile vaccinare tutti.

In realtà, mi preoccupano di più sono quelli sotto i 50 anni. A Omnibus, programma de La7, mi hanno mostrato un sondaggio che mi ha colpito: in Italia l'11 per cento dice che non si vuole fare vaccinare, il 7 per cento risponde probabilmente no. Di fatto, siamo al 18 e la maggior parte è sotto i 60 anni, perché i meno giovani sono maggiormente preoccupati dagli effetti della malattia».


Il vero problema dovremo affrontarlo quando inizierà la vaccinazione di massa dei cinquantenni?
«A scendere, 50, 40, 30. Sono coloro che percepiscono il rischio di una malattia severa come molto lieve. Sui sessantenni penso che non ci sia un problema di fuga dal vaccino. Paghiamo il fatto che le Regioni sono rimaste a volte indietro, magari con operazione fantasiose. Ricordiamoci sempre che a gennaio e febbraio alcune Regioni hanno vaccinato giovani magistrati, avvocati, professori universitari. C'è uno studio di Matteo Villa, dell'Ispi, che dice che se avessimo vaccinato fin dall'inizio per classi di età, concentrandoci sugli ultrasessantenni, avremmo evitato 7-8.000 morti. Sui sessantenni ancora ci mancano 4,5 milioni di persone: sì, può darsi che ci sia una parte di no vax, un 10-15 per cento, ma conta anche il non coordinamento delle Regioni, tanto che il generale Figliuolo è intervenuto chiedendo di concentrarsi sulle classi di età più alte, invece di parlare di isole, maturandi, trentenni».


Qual è l'obiettivo?
«Entro 15 giorni è necessario vaccinare almeno 3 milioni di over 60. Bisogna accelerare sui meno giovani, lo ripeto. A quel punto avremo un Paese in cui tra i suscettibili quelli che vogliono essere immunizzati saranno stati vaccinati, sul resto ci sarà poco da fare. A meno che non vogliamo introdurre il tema dell'obbligo vaccinale».


Cosa ne pensa?
«Io sono assolutamente favorevole all'obbligo vaccinale. Già lo dissi a gennaio. Per questo virus che è un problema enorme di sanità pubblica, ci vuole l'obbligo vaccinale, così come lo abbiamo avuto per il vaiolo o la polio. Non è più un problema individuale: se non mi vaccino, io causo un danno alla comunità. In altri termini, se in 10 milioni non si vaccinano in Italia, rischiano di selezionare nuove varianti che possono diventare insidiose. Tra l'altro, quei 10 milioni mettono a rischio anche i 500mila che non possono vaccinarsi per le loro condizioni di salute».


Quando dovremo ricevere il booster, il rinforzo?
«Al momento non lo sa nessuno. Chi si sbilancia parla a vanvera. L'unica cosa che sappiamo, dagli studi in corso, è che la protezione dura almeno 8-9 mesi. Non c'è nessun saggio scientifico che consenta di predire quanto durerà la memoria, sono verifiche che dovremo fare periodicamente. E oltre a monitorare la durata dell'immunità, dovremo vigilare su nuove varianti che, in linea teorica, possono eludere il vaccino. Il richiamo può essere omologo a quello attuale, con la stessa spike, lo faremo quando e se la memoria immunologica si affievolirà. O può essere eterologo che si farà invece se si svilupperà una variante che lo richiede. Ma al momento possiamo proporre solo delle ipotesi. Ciò che ci rassicura è che i nuovi vaccini, anche in caso di variante, potranno essere realizzati in pochi mesi, la sperimentazione non dovrà ripartire da zero. In sintesi: è sicuro che faremo dei richiami, omologo o eterologo, ma comunque in due mesi saremo in grado di rivaccinare tutti, perché le aziende saranno pronte, la distribuzione e la macchina per le iniezioni saranno rodate».


Siamo già a buon punto nella guerra a Sars-CoV-2?
«Assolutamente, pensi a come era la situazione un anno e mezzo fa. Oggi abbiamo già quattro vaccini autorizzati in Europa, altri ne stanno arrivando, 1,5 miliardi di persone sono già immunizzate nel mondo. Ci sono paesi come Regno Unito e Israele che hanno dimostrato l'efficacia della vaccinazione nell'abbattimento della mortalità. Evviva il 2021, dico io. Evviva la ricerca, evviva l'industria che fa i vaccini. Se avessimo avuto un'analoga pandemia 15 anni fa, se Sars-Cov-1 fosse stato come Sars-CoV-2, saremmo stati davvero nei guai, allora non ci sarebbero stati i vaccini mRna dietro l'angolo, saremmo rimasti per anni in attesa di una soluzione».

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