Vaccino, il Lazio va veloce. La Lombardia parte a rilento

Vaccino, il Lazio va veloce. La Lombardia parte a rilento
Vaccino, il Lazio va veloce. La Lombardia parte a rilento
di Mauro Evangelisti
Domenica 3 Gennaio 2021, 07:41
5 Minuti di Lettura

Forse non è ben chiaro che di fronte a una pandemia, che in media uccide ogni giorno 500 italiani, la campagna di vaccinazione dovrebbe essere un'operazione straordinaria. Chiamare in causa «i giorni festivi» ha senso per la consegna in ritardo di un cellulare, non per la corsa a vaccinare gli italiani, per salvare delle vite ma anche l'economia. Ieri l'assessore al Welfare della Lombardia, Giulio Gallera, di fronte alle critiche della minoranza che gli ha fatto notare che solo il 3 per cento dei vaccini ricevuti è stato somministrato, ha parlato di «polemiche pretestuose» perché utilizzano «delle graduatorie riferite a tre giorni, di cui uno festivo». Ecco, nel pieno della pandemia il «giorno festivo» dovrebbe essere come tutti gli altri, senza rallentamenti.

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<h2>Il piano va piano</h2>

Si tratta di una delle incongruenze dell'avvio della campagna di vaccinazione: l'Italia sta viaggiando molto lentamente, ma non tutte le regioni sono uguali. E Roma si sta dimostrando più efficiente di Milano. Il Lazio - dati ufficiali forniti dalle Regioni al commissario e al Ministero della Salute alle 22.20 - ha già usato il 35,7 per cento delle dosi consegnate da Pfizer, la Lombardia appena il 3.

In altri termini: il Lazio va otto volte più veloce della Lombardia e ha già somministrato 16.366 dosi (su 45.805 consegnate), la regione di Fontana 2.446 (su 80.595 consegnate).

A livello nazionale siamo a 67.461 (22.20 di ieri). Spulciando i numeri, territorio per territorio, si scopre che il Lazio è la Regione (per ora) più solerte; solo la Provincia autonoma di Trento si avvicina (34,8 per cento). Bene anche la Toscana (24,4 per cento), l'Umbria (19,8), la Campania (19,7) e la Puglia (17,8). Peggio della Lombardia, finora, solo il Molise che ha usato appena l'1,7 per cento delle dosi ricevute e la Sardegna (2,3 alle 22). Abruzzo all'8,6, Marche 10,6. Come mai, dopo il Vaccine day del 27 dicembre, benché la seconda fornitura (quasi 470mila dosi per un totale di 479.700) sia stata consegnata da Pfizer tra il 30 e il 31 dicembre, si sta procedendo tanto lentamente? Tra l'altro, siamo nella fase meno complessa, visto che saranno vaccinati operatori sanitari, ospiti e dipendenti delle Rsa, dunque persone già conosciute, catalogate, non cittadini che devono essere trovati e convocati. Cosa succederà quando si passerà alla seconda fase? Dalle Regioni arrivano notizie di carenza di siringhe di precisione, mancanza di personale perché le nuove assunzioni promesse sono in ritardo. E in Sardegna la fase più consistente della vaccinazione è stata rinviata al 7 gennaio a causa del personale in ferie. In pratica, tra il 31 dicembre e il 2 gennaio (anche senza considerare il Vaccine day) si viaggia, su scala nazionale, a 20mila vaccinazioni al giorno. Contando che ogni persona deve ricevere una doppia dose, se si mantenesse questa cadenza in un mese avremo immunizzato appena 300mila persone. In altri termini: il numero di chi ha ricevuto la prima dose in Italia in una settimana sarà simile a quello di Israele in 24 ore. Altri numeri: il giorno in cui sono state eseguite più iniezioni è stato il 31 dicembre (22.829), ieri solo 20.302. La fascia di età con più vaccinati è tra i 50 e i 59 anni (19.105, in maggioranza infermieri e medici).


L'elefante nella stanza

 

Il problema della lentezza ha già le sembianze del famoso elefante nella stanza. E la sottosegretaria Sandra Zampa non può non vederlo: «Occorre una poderosa accelerazione, le regioni devono mettersi a correre: nessuna dose utilizzabile può attendere di essere usata anche solo per qualche ora. Usiamo anche le ore serali ma corriamo. Presto arriverà anche Moderna». Altro che festivi e ferie. «Il ritmo a cui il vaccino viene somministrato in questi primi giorni è davvero preoccupante» dicono da Italia Viva.

La preoccupazione

C'è un altro timore e qualcuno tra i dirigenti del Ministero della Salute la sta soppesando: nel Regno Unito, travolto da un'impennata di casi causata dalla variante inglese che ha dimostrato una notevole velocità di trasmissione, hanno deciso di somministrare a più persone possibili la prima dose, rinviando addirittura di 12 settimane la seconda. Anche gli Stati Uniti stanno valutando questa formula, perché - di fronte a una epidemia fuori controllo - meglio una protezione più bassa a molte persone che una completa ma per meno persone. Addirittura, a Londra non escludono che per la seconda dose si possa usare un vaccino differente da quello della prima iniezione (nel Regno Unito da domani oltre a Pfizer-BioNTech si utilizzerà anche il prodotto di AstraZeneca). Bene, se la situazione dovesse precipitare, a fronte di una partenza lentissima, l'Italia potrebbe essere costretta a ricorrere al male minore della dose singola generalizzata. Morale: non ci sono primule nella partenza della vaccinazione in Italia, ma solo molte spine.

 

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