Nel colon il segreto per curare corpo&psiche

Nel colon il segreto per curare corpo&psiche
di Maria Rita Montebelli
Giovedì 10 Febbraio 2022, 06:00 - Ultimo agg. 22 Febbraio, 04:04
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Il colon, detto anche intestino “crasso” (per distinguerlo dai 7 metri di intestino tenue, che lo precede nel tratto gastro-intestinale), ha un ruolo apparentemente molto semplice che è quello di assorbire acqua ed elettroliti dai resti del cibo già processati dall’intestino tenue, dove viene assorbita la maggior parte delle sostanze nutritive.

Il transito degli scarti alimentari, facilitato dalla produzione di muco, avviene con grande lentezza; per attraversare il colon impiegano oltre 30 ore nell’uomo e fino a 48 ore nella donna. L’aspetto del colon è quello di un grosso “tubo” (7 centimetri di diametro), ripiegato a ferro di cavallo, a formare una cornice che circonda le anse dell’intestino tenue. Da un punto di vista anatomico, se ne distinguono diverse sezioni: il cieco, il colon ascendente, il colon trasverso, il colon discendente e il sigma, che prosegue con l’ultima parte del tratto intestinale, il retto. L’intestino tenue riversa il suo contenuto nella prima parte del colon (il cieco), attraverso la valvola ileo-cecale; quando il cieco si riempie, scatena la peristalsi, un movimento a onde della parete del colon che consente agli scarti della digestione di progredire lungo il “ferro di cavallo”, fino al retto, per poi essere eliminati. La parete del tratto intestinale costituisce una formidabile barriera, che protegge l’organismo dagli attacchi delle sostanze tossiche che transitano al suo interno. Per preservarne l’integrità, le cellule che rivestono la parte interna del colon (enterociti) hanno un’enorme capacità proliferativa, che le porta a rinnovarsi completamente ogni 3-5 giorni.

LA PERMEABILITÀ

 Subito al di sotto di questo sottile strato di rivestimento c’è schierato tutto l’esercito delle difese immunitarie, rappresentato soprattutto dai linfociti (fino al 70% di tutti i linfociti dell’organismo è concentrato nel tratto gastro-intestinale). Se la barriera presenta delle “brecce”, la parete intestinale diventa “permeabile” (fenomeno dell’intestino “colabrodo” o leaky gut), lasciando arrivare alle cellule immunitarie alcune sostanze (antigeni) riconosciute come “estranee” e quindi nemiche, contro le quali si scatena un attacco; è il meccanismo alla base di tante allergie alimentari, della celiachia, ma anche delle malattie infiammatorie intestinali (Mici) e, secondo alcuni, anche di altre malattie autoimmuni (diabete di tipo 1, spondilite anchilosante). Non è del tutto esatto tuttavia dire che a livello del colon non avvengano ulteriori processi digestivi; ma a occuparsene sono però i 100 trilioni di microrganismi che lo popolano (il microbiota). Questi microbi “residenti”, che rappresentano 1,5-2 Kg del peso che leggiamo la mattina sulla bilancia, digerendo i carboidrati residui, producono ad esempio vitamine quali quelle del gruppo B e la kappa. Ma fanno anche qualcos’altro. Di molto importante, quanto inaspettato. Nel “Piccolo Chirurgo”, gioco da tavolo vintage tra i più noti, una delle “operazioni” più difficili da effettuare consiste nell’estrarre le “farfalle” dallo stomaco del paziente. Questa espressione, coniata dagli anglosassoni, sta a trasmettere quel senso di disagio che si prova a livello dell’addome, di fronte a situazioni di tensione. Anche dire “ragiona con la pancia” o che una situazione spiacevole “fa venire il mal di pancia” suggerisce un legame diretto tra il cervello e l’intestino. Sono intuizioni linguistiche che precedono di secoli, la scoperta del cosiddetto “asse intestino-cervello”, un’autostrada di comunicazione che mette in connessione diretta le profondità del nostro apparato digerente con i piani alti, quelli delle funzioni cognitive, che hanno sede tra le circonvoluzioni cerebrali. Ma che ci piaccia o no anche il nostro intestino, direttamente (ad esempio attraverso le connessioni del nervo vago) o indirettamente (attraverso i neurotrasmettitori, sia quelli prodotti dalle cellule intestinali, che dal microbiota) influenza le funzioni cerebrali, il ragionamento, la psiche.

E alcuni studi suggeriscono che possa addirittura giocare un ruolo di concausa in alcune patologie psichiatriche, dalla depressione, all’autismo.

IL MECCANISMO

 La spiegazione va cercata nei neurotrasmettitori, piccolissime molecole che fanno dialogare i neuroni tra loro. L’intestino ad esempio produce importanti quantità di serotonina (l’ormone della felicità), mentre i batteri del microbiota intestinale producono Gaba, un neurotrasmettitore che aiuta a controllare l’ansia e la paura. E si comincia dunque ad affacciare la possibilità di trattare gli stati d’ansia e di depressione con gli “psicobiotici”, probiotici in grado di modulare l’asse intestino-cervello. Ma non è tutto. Il microbiota intestinale, digerendo le fibre alimentari, produce alcuni acidi grassi a catena corta (Scfa), come il butirrato, il propionato e l’acetato che hanno un interessante effetto sull’appetito. In particolare, il propionato prodotto a livello del colon riduce il senso di piacere che il cervello prova quando consumiamo i cibi ricchi di calorie, aiutandoci così a mangiare di meno e indirizzandoci verso cibi più sani. Un effetto che potrebbe essere sfruttato nel controllo dell’appetito per le diete ipocalorica. 

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