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Crollo demografico, patto tra generazioni per invertire la parabola

di Luca Cifoni
Articolo riservato agli abbonati
Giovedì 12 Gennaio 2023, 06:00 - Ultimo agg. : 25 Febbraio, 16:17
4 Minuti di Lettura

Nel 2019 oltre 14mila bambini sono nati attraverso tecniche di Procreazione medicalmente assistita (Pma).

Ascolta: L'Italia sotto i 400mila nati in un anno: è l'inverno demografico. Ma invertire la rotta si può

Non sono pochissimi: rappresentavano il 3,4 per cento del totale delle culle, con una tendenza alla crescita costante che andava in direzione opposta a quella generale. L’anno successivo - l’ultimo per il quale il ministero della Salute ha diffuso i dati - anche la Pma ha innestato la retromarcia, ma solo per le ovvie difficoltà legate alla fase più dura della pandemia e alla relative chiusure. In realtà la procreazione assistita al di là delle sue specificità e dei suoi problemi (le regole italiane tuttora più restrittive spingono spesso chi può ad andare all’estero) è una sorta di caso esemplare, che può aiutare a capire meglio il paradosso della natalità nel nostro Paese. Un Paese che detiene a livello europeo il record negativo delle nascite, nel quale però le persone dichiarano nelle rilevazioni Istat di desiderare un numero di figli maggiore di quelli che poi riescono effettivamente a mettere al mondo. L’infertilità (femminile e maschile) è una delle cause ma certo non la sola. Non si fanno bambini perché mancano sicurezze economiche o anche affettive, perché prevale il lavoro precario e la casa può essere un miraggio, perché sono ancora troppo poche le aziende che agevolano la maternità e la paternità, perché una cultura antica ma persistente all’interno delle coppie continua a caricare soprattutto sulle donne il peso della cura e dei lavori domestici. Tutti questi fattori di scoraggiamento si inseriscono in un contesto numerico già di per sé difficilissimo, in cui il numero dei potenziali genitori si riduce anno dopo anno per effetto del calo demografico dei decenni scorsi.

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Cambiare rotta si presenta quindi come un’impresa ardua. Non bastano gli aiuti economici e nemmeno i servizi, che pure sono entrambi elementi fondamentali. Ragionevolmente, un rovesciamento della spirale negativa che ci ha portato sotto le 400 mila nascite l’anno (poco più di un terzo di quelle del 1964) dovrebbe passare anche per il calo dell’età alla quale si prende in considerazione l’idea di un bambino. Nel 2021, in media, le mamme italiane avevano oltre 31 anni e mezzo al momento del primo parto: circa tre in più rispetto al 1995. Se a cavallo del secolo questa tendenza esprimeva statisticamente anche un recupero di maternità di donne che in precedenza avevano preferito attendere, da almeno un quindicennio va invece di pari passo con la crescente rarefazione delle nascite. Varie ricerche indicano che il rinvio rischia di tradursi in rinuncia, sia per motivi fisici sia per altri problemi che nel frattempo intervengono. La libertà di tutti e in particolare delle donne di fare le proprie scelte di vita senza condizionamenti è il risultato di un’evoluzione sociale che sarebbe assurdo mettere in discussione; allo stesso tempo si può immaginare un contesto economico e normativo più favorevole a chi desidera diventare genitore, anche ben prima di aver passato la soglia dei trenta. Il tema riguarda innanzitutto le persone e le coppie, ma tocca pesantemente anche il Paese nel suo insieme. Le conseguenze della denatalità sono collettive: non solo perché nei prossimi decenni coloro che saranno in età lavorativa (sempre meno) dovranno sostenere il peso del sistema sanitario e quello pensionistico, a beneficio di generazioni anziane sempre più numerose. Ma anche perché una società in cui i giovani sono minoranza è inevitabilmente una società meno dinamica, meno aperta all’innovazione, portata alla conservazione dell’esistente piuttosto che all’esplorazione del futuro. Per questo i difficili interventi per il rilancio delle nascite - alcuni dei quali richiedono sostanziose risorse pubbliche - si dovrebbero basare su una sorta di patto generazionale, con la disponibilità dei baby boomers - ovvero i nati negli anni Cinquanta e Sessanta - a qualche rinuncia in nome di una scommessa sugli anni che verranno. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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