Dino Abbrescia: «Questa scena la doppiamo». Io e i raffreddori un ciak infinito

Dino Abbrescia
Dino Abbrescia
di Dino Abbrescia
Giovedì 16 Settembre 2021, 06:00 - Ultimo agg. 11 Novembre, 15:42
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Non serve lo starnuto ai fonici di Cinecittà. Sono intuitivi e meteo-sensitivi. Abituati a girare e sentire il suono del ciak in ogni condizione. Vi chiederete che c’entra tutto questo con Il Doloretto. Con il mio Doloretto. C’entra, c’entra eccome. Perché io, da una vita, combatto con l’ipersensibilità delle mie mucose nasali. Mi raffreddo facilmente, insomma. C’è una storia e una scelta, una storia - ho appreso più tardi - che è, in qualche modo, storia d’Italia, parte della storia medica d’Italia. Le riniti, dunque. Ecco, quando io sono sul set e giro di notte, spesso in posti di campagna, lande sperdute, che sia estate o inverno (ma l’inverno è peggio, molto peggio) li sento, i fonici di presa diretta.

Gli basta anche solo intuire che il naso mi si sta tappando per pronunciare la fatidica frase rivolta ai segretari di produzione: «’Sto ciak se doppia. Raffreddato, Dino, eh? Questa scena la doppiamo». Ricordo i tempi di Squadra Antimafia che la scena prevedeva il ritrovamento di un cadavere in aperta campagna. Li ritrovano sempre di notte, ovviamente. E allora quel richiamo della foresta: «Questa se doppia». Perché in effetti la ipersensibilità ha le sue regole immutabili, da cinquant’anni per me è così. Ecco, parlavamo di storia d’Italia: io sono nato nel 1966 e all’inizio degli anni Settanta - mentre in tv c’era Canzonissima e per le strade la contestazione - per quelli che come me superavano il bonus di tre febbri consecutive si passava alle vie di fatto. Capitava spesso: consulto di famiglia, consulto con il medico. E decisione, irreversibile. Operazione alle tonsille, per alcuni anche tonsilleeadenoidi, scritto e detto tutto insieme.

Mio padre, nella mia Bari, ma anche prestigiosi dottori ovunque da noi consigliavano di tagliare corto: la tonsilla s’infiammava, la febbre saliva e allora via, zac... Fino a qualche giorno fa non avevo mai associato quel taglio netto in gola (e i gelati seguiti all’intervento) con questa mia sensibilità... nasale. Per questo mio doloretto ricorrente ho dato colpa all’umidità, al freddo, all’aria condizionata. Agli sbalzi di temperatura. Al destino cinico e baro. Poi un amico, sai di quelli che sembrano saperla lunga anche senza essere medici?, mi fa: Dino te lo dico io dov’è il problema, anzi dov’è stato, t’hanno tolto il filtro portandoti via le tonsille è per quello che ti raffreddi. E poi mi fa proprio l’esempio del condizionatore d’aria, che ho incolpato mille volte. «Hai presente il filtro dell’aria condizionata, se ti manca quello respiri di tutto». Se le cose stiano così davvero non lo so. Non so nemmeno se volevo saperlo che dietro le mie riniti ci sono le convinzioni degli anni Settanta. Vado volentieri al doppiaggio: quel doloretto e me stiamo bene insieme.

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