Crollo demografico, l'allarme dei ginecologi: «Invertire la rotta e tutelare la salute dei genitori. I figli si fanno da giovani»

Un reparto di maternità
Un reparto di maternità
di Carla Massi
Giovedì 12 Gennaio 2023, 06:00 - Ultimo agg. 25 Febbraio, 16:15
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É stato ribattezzato come “Inverno demografico”. Un inverno che dura da più stagioni.

Sempre meno nati. Mentre, negli ultimi anni, i decessi causa Covid hanno raggiunto cifre molto alte. La freddezza dei numeri e il loro raffronto ci aiutano a capire in che situazione siamo: nel 2019 i morti sono stati 634mila contro i 746mila del 2020 e i 709mila del 2021, mentre si contano 420.084 nati nel 2019, 404.892 nel 2020 e 400.249 nel 2021. L’anno appena terminato ci ha regalato un ulteriore drammatico calo. Basta leggere i dati provvisori dell’Istat: nel periodo gennaio-ottobre 2022 le nascite sono state quasi 9 mila in meno rispetto allo stesso periodo del 2021. Si delinea, così, un Paese popolato soprattutto da anziani. Con tutto quello che socialmente ed economicamente ne consegue. Un’emergenza collettiva, non solo delle coppie. È proprio il ricambio naturale della popolazione a risultare sempre più problematico. La dinamica di natalità e decessi appare antitetica oggi più di ieri per effetto del Covid. Che, non solo ha portato a morte le fasce di popolazione più anziane, ma ha anche scoraggiato i giovani a pensare a un figlio. Tra il 2020 e 2021 per ogni nuovo fiocco azzurro o rosa nello scorso anno ci sono stati quasi due funerali. «La denatalità è un fenomeno preoccupante nel nostro Paese. Tra i Paesi industrializzati, l’Italia è quello in cui si fanno meno figli. Tuttavia, sia chiaro: il calo delle nascite non si contrasta favorendo gravidanze in età avanzata. Ormai si pensa che con le tecnologie di oggi si possono fare figli anche dopo i 50 anni. Un messaggio sbagliato perché queste gravidanze comportano un rischio serio per la salute materna. Bisogna intervenire», commenta Elsa Viora, past president di Aogoi, l’Associazione ostetrici ginecologi ospedalieri italiani che a fine dicembre ha visto gli specialisti riuniti a Milano. Specialisti che hanno deciso di organizzare subito iniziative per provare a cambiare rotta. E bisogna fare presto dal momento che il numero medio di figli per donna è sceso a 1,25 contro l’1,44 degli anni 2008-2010. «Eliminare le cause di questo fenomeno non è compito di noi ginecologi – aggiunge Viora – ma quello che possiamo fare è cercare di promuovere iniziative per la tutela della salute della donna, pensare a una strategia di comunicazione, informare su stili di vita adeguati da adottare se si vuole diventare genitori e, soprattutto, far capire alle donne che i figli si fanno in età giovane».

IL CASO

Se all’inizio del millennio, il calo della natalità riguardava soprattutto i figli successivi al primo, adesso i dati dimostrano che le coppie, soprattutto le più giovani, hanno difficoltà anche a formare una nuova famiglia. Tra le cause del calo dei primi figli, dal punto di vista sociale-economico, c’è la prolungata permanenza dei giovani nella famiglia di origine, a sua volta dovuta al protrarsi dei tempi della formazione, le difficoltà a entrare nel mondo del lavoro, l’instabilità del lavoro stesso, le difficoltà a trovare casa. Ma, al tempo stesso, non può essere dimenticata la continua crescita delle coppie infertili. Una su cinque. Per abitudini di vita, malattie trascurate, prevenzione ignorata. Il fumo, l’obesità o l’eccessiva magrezza, diverse sostanze ambientali, la sedentarietà e perfino l’eccessiva attività fisica sono alcuni tra i principali fattori di rischio modificabili, capaci di influenzare la salute sessuale e riproduttiva.

Per alcune cause si può intervenire con diagnosi tempestive, cure farmacologiche e terapie adeguate, ma anche con la prevenzione e l’informazione. Le cause più frequenti di infertilità, sia maschile che femminile, sono rappresentate dalle infezioni sessualmente trasmesse. Tra le donne sono aumentate alterazioni tubariche, malattie infiammatorie pelviche, fibromi uterini, endometriosi, alterazioni ormonali e ovulatorie. Tra gli uomini gli andrologi hanno rilevato condizioni, sono sempre più diffuse, che alterano la produzione ormonale, riducono il testosterone e modificano la struttura e la funzione del testicolo, come varicocele, criptorchidismo, malformazioni genitali, infiammazioni testicolari, patologie prostatiche.

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