Aurora, dall'anoressia all'associazione per aiutare chi soffre: «È possibile guarire, serve ascolto»

Aurora Caporossi, 25 anni, inserita nel 2022 da Forbes tra gli Under 30 più influenti d'Italia, ha raccontato la sua esperienza con l'anoressia nervosa

La rinascita di Aurora, dall'anoressia all'associazione per aiutare chi soffre
La rinascita di Aurora, dall'anoressia all'associazione per aiutare chi soffre
Mercoledì 15 Marzo 2023, 16:02 - Ultimo agg. 16 Marzo, 15:44
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«I disturbi alimentari hanno tantissimi perché, io il mio lo sto ancora cercando» esordisce così Aurora Caporossi, 25 anni, da due Presidente di Animenta, associazione da lei fondata dopo l'anoressia nervosa che la colpì a 16 anni, che si occupa proprio di chi soffre di disturbi alimentari.

Camicia bianca e fiocco lilla in evidenza, parla sicura ma con tono grave. «È iniziato tutto con una dieta. Credevo che se avessi perso peso le cose sarebbero andate meglio. Il disturbo alimentare era per me, in quel momento, l'unico meccanismo di sopravvivenza per far fronte a un grande dolore che stava esplodendo dentro».

 

La scoperta della malattia

«Mi sono ammalata a 16 anni, tra i banchi di scuola. Mia mamma si accorse che avevo iniziato a restringere molto l'alimentazione, non uscivo più con glli amici» sottolinea l'importanza del nucleo familiare, anche se aggiunge «Mio padre non è mai riuscito a capire il perchè. Con lui successe un episodio che lo sconvolse. Un giorno, in macchina, dal sedile del passeggero dov'ero seduta io non suonò l'allarme della cintura non allacciata: non aveva rilevato il mio peso». Racconta di come le persone vicino a lei se ne accorsero quando ancora la malattia non era visibile, anche se i medici continuavano a dire che era solo un «capriccio adolescenziale». I campanelli d'allarme continuavano, per tutti tranne che per lei «Non sentivo di stare male, lo specchio mi mentiva. Avrei avuto bisogno di qualcuno che mi prestasse degli occhi per capire che il mio corpo era fortemente sottopeso». L'illusione continuò fino a un momento ben preciso: «Ho sempre avuto una forte passione per la danza, lì era forse l'unico luogo in cui apprezzavo il mio corpo. Un giorno inizio a ballare e per la prima volta vedo il mio corpo riflesso per come realmente era. Lì lo specchio non ha più mentito. Sono tornata a casa e ho chiesto aiuto a mia madre».

La rinascita e l'associazione 

«Una persona non guarisce quando riprende peso, quello è un passo in avanti ma non basta. Io ho attraversato diverse fasi e dopo il percorso di guarigione non volevo più sentirne parlare, quella storia era chiusa in un cassetto. Poi durante il Covid si è tornato a parlare di disturbi alimentari, ho iniziato a realizzare un blog e una pagina Instagram per raccontare sia la mia esperienza che quella di chi mi era stato affianco» Nasce così Animenta, associazione no-profit per creare una continuità nel percorso di guarigione di chi ha sofferto e soffre di disturbi alimentari. «Lo facciamo tramite gli eventi, tramite i laboratori di danzaterapia, con l'idea di raccontare che noi non siamo un prima e un dopo, ma che il disturbo alimentare è un capitolo della vita che riconosciamo e non rinneghiamo più».

«Oggi aiuto gli altri»

Animenta si propone come ponte tra i pazienti, i professionisti e le istituzioni. I dati ci dicono che solo in Italia sono oltre 3 milioni le persone che soffrono di disturbi dell'alimentazione e circa 3 mila le persone che ogni anno perdono la vita. I disturbi alimentari sono oggi l’espressione di un disagio che negli ultimi tempi ha visto abbassarsi l’età media, il suo esordio inizia già tra gli 8 e gli 11 anni. 
«Dobbiamo abbattere gli stereotipi e lavorare sulla prevenzione.

Purtroppo non possiamo salvare le persone, ma possiamo aprire una porta per fare in modo che la persona chieda aiuto».

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