Iodio e attacchi nucleari, come funziona la profilassi e come funziona la tiroide quando si assume

Consumare 5 grammi di sale iodato al giorno equivale a mangiare una porzione di pesce

Iodio e attacchi nucleari: perché è importante assumerlo e come funziona la tiroide quando si assume
Iodio e attacchi nucleari: perché è importante assumerlo e come funziona la tiroide quando si assume
Martedì 8 Marzo 2022, 20:12 - Ultimo agg. 9 Marzo, 09:44
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Iodoprofilassi: cosa vuol dire e ha senso farla a prescindere? La carenza di iodio è un problema per questo esiste già la iodoprofilassi che serve ad assumere iodio. La iodioprofilassi, infatti, è già raccomandata. Il sale iodato, che non è un farmaco ma semplice sale da cucina con quantità fisiologiche di iodio, aggiunge iodio all’alimentazione e ne integra la carenza. Ed è anche una efficace misura di intervento per la protezione della tiroide che inibisce o riduce l'assorbimento di iodio radioattivo, nei gruppi sensibili della popolazione. Si parla di profilassi iodica, quindi, come scudo contro lo iodio radioattivo rilasciato da un attacco nucleare. L'Istituto superiore di sanità invita a non usare farmaci, terapie e profilassi "fai da te". Al momento è raccomandato solo l'uso del sale iodato come strategia per combattere la carenza di iodio, responsabile di diverse patologie come il gozzo, l'ipotiroidismo congenito. Ad oggi infatti è raccomandato il consumo di 5 grammi di sale iodato al giorno che equivale a mangiare una porzione di pesce. 

Diventa rilevante parlarne adesso perché assumere sale iodato protegge anche dalle radiazioni ionizzanti

Le radiazioni ionizzanti, cosa sono?

Le radiazioni ionizzanti sono particelle e onde elettromagnetiche dotate di elevato contenuto energetico, in grado di rompere i legami atomici del corpo urtato e caricare elettricamente atomi e molecole neutri - con un uguale numero di protoni e di elettroni- ionizzandoli. Sono le radiazioni a cui ci si espone quando si entra in contatto con materiale radioattivo. «I 30 anni di studi dell'Istituto Ramazzini hanno contribuito a dimostrare i potentissimi effetti cancerogeni delle radiazioni ionizzanti, come quelle derivate dal disastro nucleare di Chernobyl. Un altro incidente di quel genere potrebbe causare decine di migliaia di tumori in tutto il continente Europeo, in particolare tra i bambini». È il commento di Daniele Mandrioli, direttore del Centro di Ricerca sul Cancro Cesare Maltoni dell'Istituto Ramazzini, dopo l'invasione russa in Ucraina e gli attacchi dell'esercito di Putin a Chernobyl e alla centrale di Zaporizhzhia, che hanno fatto piombare l'Europa nell'incubo di una possibile catastrofe nucleare.

A seguito del disastro di Chernobyl nel 1986 l'Istituto Ramazzini ha condotto una serie di studi sugli effetti cancerogeni delle radiazioni ionizzanti. I primi risultati degli studi sperimentali a lungo termine evidenziarono subito importanti effetti cancerogeni anche alle più basse dosi studiate nei ratti. Si trattava di dosi simili o spesso inferiori a quelle assorbite dalla popolazione generale nelle zone contaminate. Secondo le Nazioni Unite, oltre 5 milioni di persone vivono ancora in zone contaminate dalle radiazioni del disastro di Chernobyl in Ucraina, Russia e Bielorussia. L'Organizzazione Mondiale della Sanità ha stimato che oltre 40.000 casi di tumore siano attesi entro il 2065 a causa dell'incidente, dei quali oltre 16.000 casi sono attesi in Europa al di fuori delle aree contaminate. Entro la fine di quest'anno verranno prodotti i risultati degli esperimenti sul confronto tra gli effetti tra radiazioni ionizzanti frazionate (esposizioni a dosi più basse, ma ripetute nel tempo, simili all'utilizzo che viene fatto ai fini diagnostici e terapeutici) e radiazioni somministrate in un'unica esposizione (scenario espositivo più simile a quanto accade durante disastri nucleari).

L'Istituto Ramazzini esprime piena solidarietà al popolo ucraino, già vittima del disastro nucleare di Chernobyl.

 

 

Lo iodio, cos'è e perché è importante

Lo iodio appartiene alla categoria dei micronutrienti essenziali. È presente nell’organismo umano in piccole quantità (15–20 mg) ed è concentrato quasi esclusivamente nella tiroide, ghiandola endocrina che sta alla base del collo. La tiroide è responsabile della produzione degli ormoni: tiroxina o T4 e triiodotironina o T3, che contengono iodio nella loro struttura chimica. Questi ormoni regolano numerosi processi metabolici nella maggior parte delle cellule e svolgono un ruolo importantissimo nelle prime fasi della crescita e nello sviluppo di diversi organi, in particolare del cervello.

Per garantire l’adeguata funzionalità della tiroide e la giusta produzione di ormoni tiroidei è necessario che in qualunque fascia di età, si assuma quotidianamente la giusta quantità di iodio pari a 150microgrammi al giorno, fatta eccezione per le donne in gravidanza e in allattamento che devono assumerne 250 microgrammi al giorno per poter assicurare un normale sviluppo del bambino.

Se c'è un'esposizionie a radiazioni il Piano nazionale per la gestione delle emergenze radiologiche e nucleari prevede l'assunzione di iodio. «Il periodo ottimale di somministrazione di iodio stabile è meno di 24 ore prima e fino a due ore dopo l'inizio previsto dell'esposizione - si legge nella bozza - Risulta ancora ragionevole somministrare lo iodio stabile fino a otto ore dopo l'inizio stimato dell'esposizione. Da evidenziare che somministrare lo iodio stabile dopo le 24 ore successive all'esposizione può causare più danni che benefici (prolungando l'emivita biologica dello iodio radioattivo che si è già accumulato nella tiroide). La misura della iodoprofilassi è quindi prevista per le classi di età 0-17 anni, 18-40 anni e per le donne in stato di gravidanza e allattamento. Il Ministro della Salute può decidere l'attivazione delle procedure per la distribuzione di iodio stabile nelle aree interessate».

No allo iodio in pillole: è pericoloso

Lo iodio in pillole è un medicinale che «deve essere assunto su indicazione delle autorità sanitarie, in quanto non è di per sé scevro da rischi. Oltre a poter causare problemi gastrointestinali o cutanei, di solito di lieve entità, può portare una tiroidite autoimmune, soprattutto se si assume un dosaggio più alto del previsto o in presenza di patologie della tiroide già esistenti. Nei bambini può causare un ipotiroidismo che, se non trattato, può condurre a problemi cognitivi». È il chiarimento che il virologo Roberto Burioni, docente all'università Vita-Salute San Raffaele di Milano, diffonde via social postando un intervento in materia pubblicato su 'Medical Facts', portale di divulgazione scientifica da lui fondato.

«È di qualche giorno fa - si ricorda - la notizia secondo cui in alcuni Paesi, a seguito della paura innescata dall'invasione russa in Ucraina, la gente si sta precipitando a comprare pillole di iodio nella speranza siano utili come protezione in caso di conflitto nucleare». Una corsa che, in base a più segnalazioni, sembra iniziata anche in Italia. Ma su cosa si basa? «Le pillole di iodio - spiega l'articolo - servono a proteggere la tiroide in caso di esposizione a iodio radioattivo. Un incidente nucleare, come Chernobyl nel 1986 o Fukushima nel 2011, ne può provocare l'emissione (es. iodio-131). Respirarlo è pericoloso per la salute e il rischio più evidente è un cancro alla tiroide». «La tiroide è» infatti una ghiandola «grande utilizzatrice di iodio: lo usa per produrre gli ormoni tiroidei. Per fare il suo lavoro deve assorbire questo elemento. Il problema, però, è che non sa distinguere: in presenza di iodio radioattivo, lo assorbirà allo stesso modo di quello non radioattivo. L'assunzione di pastiglie contenenti alte quantità di iodio non radioattivo prima di essere esposti allo iodio radioattivo fa sì che la tiroide lo assuma e saturi la sua capacità di assorbirne altro: si "riempiè di iodio buono", in modo che non sia più in grado di assorbire quello radioattivo». Tuttavia il farmaco va preso solo in base a indicazioni sanitarie, se necessario. «L'assunzione di iodio, inoltre - si precisa - protegge esclusivamente la tiroide e solo dallo iodio radioattivo: non protegge né gli altri organi del nostro corpo né da altri tipi di isotopi radioattivi, che potrebbero essere ugualmente prodotti in caso di disastro nucleare».

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