Coronaviruus, tamponi record in Lombardia: 3.298. Il Lazio è sesto con 124 controlli

Coronaviruus, tamponi record in Lombardia: 3.298. Il Lazio è sesto con 124 controlli
Coronaviruus, tamponi record in Lombardia: 3.298. Il Lazio è sesto con 124 controlli
di Mauro Evangelisti
Mercoledì 26 Febbraio 2020, 09:46 - Ultimo agg. 13:03
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«Chi cerca trova»: questa è la frase più popolare ogni volta che si parla con un epidemiologo o con un virologo, in Italia ma anche in altri paesi. Nessuno riesce a spiegarsi perché tra Lombardia e Veneto vi sia il triplo di casi di coronavirus di tutti gli altri paesi europei messi insieme. Qualcosa non torna. Ecco allora che alcuni dirigenti di grandi ospedali spagnoli, sentiti ieri da El Pais, dicono che ora cominceranno ad aumentare il numero di test eseguiti su chi è ricoverato con una polmonite e ammettono: «Il virus potrebbe essere circolato in Spagna da diversi giorni come in Italia. Se non l'abbiamo rilevato, è perché non l'abbiamo cercato e ora è necessario fare questo passo».

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In molti si chiedono come sia possibile che paesi così vicini e collegati all'Italia, con relazioni economiche con l'Asia e arrivo di turisti in massa dalla Cina, in cui sono stati svolti controlli perfino più blandi alle frontiere, abbiano circa il 90-95 cinque per cento in meno dei casi di positività del nostro paese. Alcuni numeri: Francia 14 casi, Spagna cinque, Germania 16. Giovanni Rezza, direttore delle Malattie infettive dell'Istituto superiore della Sanità: «L'Italia è un paese con molti anziani, si spiegano così i tassi di mortalità al 2-3 per cento». Ma anche su scala nazionale si osserva questa differenza tra le regioni che fanno i test a raffica e quelle che, non essendoci emergenze locali, non li fanno. Su 6.224 esami con i tamponi (dato di ieri mattina), 3.298 sono stati eseguiti in Lombardia, 2.200 nel Veneto, tutti negli ultimi giorni sull'onda dell'emergenza esplosa a Codogno e Vo' Euganeo. In Emilia-Romagna sono 148, in Piemonte 141, in Toscana 140, nel Lazio 124, in Friuli 86, in Liguria 35. In pratica, se si esclude tutto il nord più il Lazio, dalle altre parti i test sono stati pochissimi.

DIMENSIONI
Walter Ricciardi, componente italiano dell'esecutivo dell'Oms, sottolinea: «Dobbiamo ridimensionare questo grande allarme, che è giusto, da non sottovalutare, ma la malattia va posta nei giusti termini: su 100 persone malate, 80 guariscono spontaneamente, 15 hanno problemi seri ma gestibili, il 5% è gravissimo, di cui il 3% muore. E tutte le persone decedute avevano già delle condizioni gravi di salute. L'Oms dice i tamponi vanno fatti solo ai soggetti sintomatici: chi ha tosse, febbre e altri sintomi, ed inoltre se sono stati in determinate zone a rischio. La Francia di questi tamponi ne ha fatti 300, noi molti di più». Spiega un docente universitario che preferisce non essere citato: «I controlli a tappeto, in Italia, sono cominciati quasi casualmente, per il finto paziente zero che si sospettava avesse contagiato il trentottenne di Codogno. Senza quell'evento casuale non ci sarebbero state le verifiche sistematiche su migliaia di persone. Bene, in Francia, Germania e Spagna questo non è avvenuto e forse è la spiegazione più plausibile di questa differenza, anche se ovviamente ci vorranno mesi per avere certezze». Alcuni dati fanno riflettere: i due paesi con più test eseguiti sono anche quelli con più casi, se si escludono la Cina e l'anomalia della nave Diamond Princess. Italia: 8.600 test e 322 positivi, Corea del Sud 13.000 test con 977. In particolare a Seul addirittura potrebbero fare i test a 200mila adepti di una setta religiosa da cui si è originato il contagio. Di riflesso, Francia 14 contagiati ma solo 531 test, Stati Uniti formalmente 57, ma in realtà 17 (perché 40 sono della Diamond Princess) su meno di 500 test. Certo si può anche pensare che Italia e Corea, travolte dal moltiplicarsi dei casi positivi abbiano semplicemente scoperto un contagio che ormai era dilagante, mentre in Francia e negli Usa non hanno questo tipo di emergenza e non hanno incrementato le verifiche. Però è arduo pensare che l'Italia sia diventata terra di conquista per il coronavirus, mentre altri paesi, che non hanno chiuso le frontiere, ne siano immuni. Discorso diverso per il Regno Unito, che ha reagito subito al primo super diffusore, un inglese tornato da Singapore, isolato il contagio e per ora su quasi 7.000 test ha 13 positivi.

ICEBERG
Restano due elementi: secondo Giovanni Rezza «quasi tutti i casi sono riconducibili all'epicentro dell'epidemia che si trova nel Lodigiano. Ci sono poi un paio di focolai più piccoli in Veneto». Questo vorrebbe dire che il contagio attorno a Codogno è iniziato da diverse settimane e con la presenza di pazienti asintomatici. Dice il virologo Francesco Broccolo (Università La Bicocca di Milano): «Noi che stiamo cercando il virus lo abbiamo trovato ed è questo il primo motivo dell'alta incidenza di nuovi casi. Proprio perché i contagi c'erano già in precedenza, quelli del Lodigiano possono essere la punta dell'iceberg». Vi sono altri iceberg in giro per l'Italia? E in Europa?
 

 
 

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