Parkinson, individuate molecole che possono rallentarlo: ecco l'effetto delle Resolvine

Parkinson, individuate molecole che possono rallentarlo: scoperto l'effetto delle Resolvine
Parkinson, individuate molecole che possono rallentarlo: scoperto l'effetto delle Resolvine
Lunedì 2 Settembre 2019, 17:41 - Ultimo agg. 17:43
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Parkinson, importante studio pubblicato su Nature Communications dai ricercatori dell'Università di Roma Tor Vergata, Fondazione Santa Lucia IRCCS e Università Campus Bio-Medico di Roma. Il Parkinson potrebbe essere rallentato grazie alle Resolvine, molecole prodotte dal nostro organismo per spegnere processi infiammatori e riparare i tessuti danneggiati da questi processi. I ricercatori hanno prima rilevato un ridotto livello di una specifica Resolvina, la Resolvina D1, in pazienti affetti dalla patologia e sono quindi intervenuti in modo sperimentale su modelli di laboratorio per riequilibrare la presenza di questa importante molecola nell'organismo animale.

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Il gruppo di ricerca è così riuscito a rallentare il processo neurodegenerativo che caratterizza la malattia di Parkinson. «Lo studio - spiega Nicola Mercuri, Ordinario di Neurologia dell'Università di Roma Tor Vergata, coordinatore della ricerca - ci ha permesso di dimostrare che la proteina alfa sinucleina, nota per il ruolo chiave nello sviluppo della malattia di Parkinson, causa molto precocemente un cattivo funzionamento dei neuroni dopaminergici. Le conseguenze sono disturbi motori e cognitivi, ma anche un'aumentata neuroinfiammazione associata a ridotti livelli di Resolvina D1 che abbiamo osservato nel sangue e nel liquor di pazienti affetti da Parkinson, in cura presso il Policlinico di Tor Vergata».

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Partendo da questa osservazione, i ricercatori hanno somministrato Resolvina D1 in modelli di laboratorio e dopo due mesi di trattamento hanno potuto osservare una progressiva riduzione dello stato infiammatorio e del processo degenerativo. Si sono così ridotti anche i sintomi motori e comportamentali caratteristici della malattia. I risultati dello studio, sottolineano i ricercatori, offrono nuovi spunti non solo per l'individuazione di terapie efficaci ma anche nell'anticipazione dei tempi di diagnosi della malattia.

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