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Giada, la neonata di mezzo chilo che ha voluto vivere: è nata prematura a 22 settimane

Giada, la piccola guerriera di mezzo chilo che ha voluto vivere: è nata dopo solo 22 settimane di gestazione
Giada, la piccola guerriera di mezzo chilo che ha voluto vivere: è nata dopo solo 22 settimane di gestazione
di Valeria Arnaldi
Articolo riservato agli abbonati
Martedì 15 Giugno 2021, 00:17 - Ultimo agg. : 16 Giugno, 15:14
4 Minuti di Lettura

Una «piccola guerriera». Così, all’arcispedale Santa Maria Nuova di Reggio Emilia, chiamano Giada, nata a Capodanno scorso, a sole ventidue settimane di gestazione e, dopo sei mesi di terapia intensiva neonatale, finalmente dimessa e tornata a casa con i genitori e la sorellina. A guardarla nella foto scattata prima dell’uscita dalla struttura, serena tra le braccia della mamma, sembra una bimba come tante, ma Giada, che pesava appena 520 grammi alla nascita, ha già dovuto affrontare molte battaglie: insufficienza respiratoria, ipertensione polmonare, un intervento cardio-chirurgico per un problema al dotto arterioso, effettuato in incubatrice da un team giunto da Bologna, e una retinopatia per cui sono stati eseguiti vari interventi oculistici. Oggi sta bene. Anzi, sottolineano all’arcispedale, è in perfetta salute. Un esito eccezionale.

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Le difficoltà - La nascita prematura riguarda circa il 10% dei neonati nel mondo, spiegano all’Ausl IRCCS di Reggio Emilia. Tra questi, approssimativamente l’1% nasce di un peso inferiore ai 1500 grammi. La nascita a ventidue settimane di gravidanza raramente consente la sopravvivenza e, quando questo accade - pochissimi i casi in Italia - spesso comporta patologie croniche invalidanti. «Giada stava per nascere già alla ventunesima settimana - dice Giancarlo Gargano, direttore della Struttura di Neonatologia e Terapia Intensiva Neonatale dell’Arcispedale Santa Maria Nuova - abbiamo cercato di ritardare il più possibile il parto, siamo riusciti a bloccare il travaglio per qualche giorno. Tutto si è svolto in un intenso dialogo con i genitori, profondamente angustiati ma decisi a tentare e pienamente consapevoli del rischio che la piccola potesse non farcela. C’è stato un grande lavoro di squadra tra tutti gli specialisti e non è mancato il sostegno psicologico per la famiglia. Casi come questi mettono fortemente alla prova i genitori ma anche noi professionisti. Giada ha risposto bene, fin da subito, alla rianimazione».

Numerose le problematiche. «Le prime settimane sono state molto complicate - aggiunge - non potevamo dare alcuna certezza ai genitori. I polmoni dei grandi prematuri non sono pronti per respirare spontaneamente. Giada ha avuto bisogno di molti aiuti. Poi nel corso dei mesi, ci sono stati altri alti e bassi». Battaglia dopo battaglia, la bimba ce l’ha fatta. «È chiaro che purtroppo ci sono tanti altri casi nei quali non si ottengono i medesimi risultati». A complicare ulteriormente la situazione, la pandemia. «In alcuni periodi, seppure brevi, abbiamo dovuto limitare gli accessi - spiega Gargano - la presenza dei genitori è importante. La mamma e il papà di Giada sono venuti più volte al giorno. Hanno tenuto la piccola sul petto, a contatto. Fa bene al bimbo ma anche ai genitori. E in casi come questo, è di tutta la famiglia che ci si prende cura».

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I controlli - Giada ora dovrà fare una serie di controlli periodici, almeno fino all’età scolare ma la paura sembra ormai alle spalle. Eccezionale per risultato, il suo caso non lo è guardando alla percentuale di nascite pretermine che, stando ai dati Oms, negli ultimi venti anni è aumentata in quasi tutti i Paesi. Tra i fattori, l’età media più alta delle partorienti. Prima di Giada, l’arcispedale ha salvato un’altra piccola guerriera, Atena, nata il 26 luglio scorso all’ospedale S. Anna di Castelnovo ne’ Monti, a 24 settimane e di soli 650 grammi. È tornata a casa a dicembre, dopo cinque mesi in Terapia intensiva neonatale al Santa Maria Nuova e alcuni interventi chirurgici. «Il caso di Giada è eccezionale, non è la regola - commenta Fabio Mosca, presidente Società Italiana Neonatologia - ci permette di capire i grandi progressi della neonatologia, ma ci deve far pure riflettere. Occorre configurare servizi di follow-up che seguano a distanza questi bimbi, dotandoli di adeguate risorse. Ad oggi non ci sono grandi finanziamenti». 

 

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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