Leucemia linfatica cronica: verso l'approvazione della terapia di ibrutinib

Leucemia linfatica cronica: verso l'approvazione della terapia di ibrutinib
Venerdì 15 Giugno 2018, 12:46 - Ultimo agg. 14:14
3 Minuti di Lettura
Unica e prima terapia orale chemio free, ad assunzione giornaliera, a breve disponibile anche in Italia come prima linea per i pazienti anziani con leucemia linfatica cronica non precedentemente trattati. Ibrutinib è un inibitore orale selettivo, primo nella classe della Bruton Tirosin Kinasi (BTK) che si è dimostrato capace di aumentare la sopravvivenza1 grazie a un meccanismo d’azione che blocca la proliferazione delle cellule leucemiche. I dati a lungo termine dello studio registrativo di fase III RESONATE-2, presentati in occasione del congresso della European Hematology Association (EHA), dimostrano che il farmaco, a un follow-up mediano di 4 anni, riduce dell’87% il rischio di progressione della malattia o di morte. Recentemente si è conclusa la negoziazione con AIFA e anche in Italia si attende a breve la rimborsabilità in Italia dell’indicazione in prima linea nel paziente anziano.

L’annuncio oggi in occasione del congresso dell’EHA in corso a Stoccolma.
“Anche nel nostro Paese la maggior parte dei malati potrà avere accesso da subito alla terapia” osserva Robin Foà. “Si tratta di un trattamento orale, “intelligente” e mirato, che può rappresentare una chiave di volta nel percorso del paziente affetto da questa malattia. Renderlo disponibile in prima linea significa poter offrire, indipendentemente dalle caratteristiche del soggetto, una terapia chemio-free alla maggior parte dei pazienti affetti da leucemia linfatica cronica”.

L’Ibrutinib è già attualmente disponibile in prima linea solo per i pazienti ad alto rischio, ovvero in presenza della delezione del cromosoma 17p o della mutazione del gene TP53 per i quali una chemio-immunoterapia non risulta appropriata. Queste alterazioni genetiche interessano una percentuale limitata (5-10%) di malati. “Ciò significa che oggi circa il 90% dei pazienti non ha la possibilità di ricevere come prima terapia un farmaco innovativo, non chemioterapico e orale, come ibrutinib” spiega Paolo Ghia, Programma Strategico di Ricerca sulla LLC, Divisione di Oncologia Sperimentale dell’Ospedale San Raffaele di Milano “Con l’indicazione in arrivo in Italia l’utilizzo in prima linea di questo trattamento potrà essere ampliato al paziente anziano, considerato che si tratta di patologia la cui età mediana è 72 anni”. La leucemia linfatica cronica è infatti una neoplasia delle cellule B di tipo indolente in cui l’età alla diagnosi è mediamente superiore ai 70 anni e quella di inizio della terapia è di circa 75 anni. Oggi in Italia si contano circa 3000 nuovi casi all’anno, con un’incidenza leggermente superiore negli uomini.

Cambio dell’algoritmo terapeutico, quindi. “Significa un’alternativa per tutti quei pazienti che hanno necessità di trattamento e per i quali fino a oggi l’unica opzione era l’associazione della chemioterapia con un anticorpo monoclonale. Terapia associata a effetti collaterali, tra cui tossicità midollare o indebolimento del sistema immunitario”.

“Nella studio RESONATE2 – spiega Alessandra Tedeschi, Divisione di Ematologia del Grande Ospedale Metropolitano Niguarda Milano e partecipante allo stesso protocollo clinico – sono stati arruolati pazienti di età maggiore o uguale a 65 anni2 con caratteristiche tali per cui non potevano sostenere la chemio immunoterapia standard a base di fludarabina, ciclofosfamide e rituximab (FCR), caratterizzata da una buona efficacia ma difficilmente tollerata da gli anziani a causa degli effetti collaterali. Ibrutinib ha dimostrato di essere un farmaco efficace indipendentemente dalle caratteristiche del tumore, incrementando significativamente la sopravvivenza dei pazienti e migliorandone la qualità di vita. Inoltre, a differenza della chemio immunoterapia, si tratta di un farmaco orale, facilmente gestibile dal paziente a domicilio”.

Conclude Foà “In un futuro molto prossimo, grazie alle nuove combinazioni di farmaci frutto della ricerca scientifica, non solo si potrà tenere sotto controllo la malattia per periodi sempre più lunghi di tempo ma probabilmente anche eradicarla, ovvero non rilevare tracce di cellule malate nel sangue e nel midollo, arrivando a una condizione di malattia minima residua negativa. Questa è la sfida di oggi per i pazienti con leucemia linfatica cronica e il traguardo sta diventando sempre più vicino. La speranza è di poter arrivare a eradicare il tumore attraverso terapie somministrate per un tempo limitato e definito”.



2 i pazienti con età fra 65 e 69 anni potevano essere inclusi qualora presentassero comorbidità

 
© RIPRODUZIONE RISERVATA