Un patto tra Napoli e San Francisco contro Alzheimer e Parkinson

Un patto tra Napoli e San Francisco contro Alzheimer e Parkinson
di Donatella Trotta
Sabato 24 Maggio 2014, 21:19 - Ultimo agg. 26 Maggio, 15:59
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Un ponte tra Napoli e San Francisco. Nel segno della ricerca scientifica. Con un ”patto“ stipulato lo scorso ottobre tra due prestigiose universit, la Federico II di Napoli e la UCSF, University of California, San Francisco: Two Universities by the Bay al servizio della salute umana. Soprattutto sul fronte della lotta alle malattie neurodegenerative: dal morbo di Parkinson all’Alzheimer, dalla patologia di Huntington a quella di Kreutzfeldt-Jakob. il senso del progetto di cooperazione internazionale suggellato ora dal convegno Biofisica degli amiloidi e dei prioni, in programma domenica 25 e luned 26 maggio a Castel dell’Ovo con la partecipazione di prestigiosi medici, studiosi, biochimici e biofisici di tutto il mondo. Sono scienziati - tra i quali il premio Nobel 1997 per la fisiologia e la medicina Stanley Prusiner, che aprirà il simposio con una relazione sui «Prioni che provocano neurodegenerazione, un’eziologia unificante e la richiesta di terapie» - impegnati a indagare sulle proteine (prioni ed amiloidi, appunto) responsabili di molte patologie del sistema nervoso centrale.



«Si tratta di malattie fortemente debilitanti, e in gran parte tuttora incurabili, caratterizzate da un processo cronico e selettivo di progressiva morte cellulare a carico dei neuroni e tristemente in aumento in tutto il mondo occidentale, anche per l’invecchiamento costante della popolazione», spiega Angela Lombardi, docente di Chimica generale presso il Dipartimento di Scienze Chimiche dell’università di Napoli «Federico II» e promotrice del simposio internazionale, con Flavia Nastri dello stesso ateneo e, sul versante statunitense, con i colleghi Jan Stöhr, William F. DeGrado e lo stesso Nobel Prusiner. Al convegno interverranno anche, tra gli altri, Fabrizio Chiti dell’università di Firenze, Astrid Gräslund dell’università di Stoccolma, membro del Consiglio della Fondazione Nobel, Gaetano Irace della Seconda Università di Napoli, Giuliana Fusco dell’università di Cambridge, accanto a numerosi altri scienziati italiani e stranieri.



Basti solo pensare che - secondo fonti dell’Unione Europea - le persone affette dalla malattia di Alzheimer, per fare un unico esempio, sono circa 500mila in Italia, 7 milioni in Europa e 24 milioni in tutto il mondo. Ma le cifre sono destinate a raddoppiare ogni vent’anni, in rapporto appunto all’invecchiamento della popolazione. Una vera e propria emergenza sociale, che costituisce anche un onere economico significativo per la sanità pubblica: morbo di Alzheimer e disturbi correlati costano infatti tra i 105 e i 160 milioni ogni anno in tutta l’Ue, a fronte di trattamenti attuali con efficacia peraltro piuttosto limitata e, soprattutto, in mancanza di strumenti e conoscenza adeguati, per riuscire a effettuare una diagnosi precoce: fondamentale per bloccare il processo neurogedenerativo nella sua fase iniziale.



Di qui l’interesse pubblico del congresso a Napoli: un’intensa due giorni di studio, confronto e dibattito tra conferenze plenarie, relazioni e presentazioni di poster per stimolare discussioni, nuove idee e collaborazioni. E se il «taglio» dei lavori sarà incentrato in prevalenza sugli aspetti molecolari specifici della ricerca, dopo Napoli ci sarà un seguito a Trieste, con un ulteriore congresso internazionale sui prioni nei suoi più ampi risvolti medico-terapeutici. Ma quali obiettivi prioritari si pone il convegno di Castel dell’Ovo?



«Gli scienziati coinvolti - spiega ancora Lombardi - tenteranno di coordinare al meglio il proprio impegno e gli sforzi internazionali nella lotta contro queste terribili malattie, attraverso la condivisione di competenze complementari e multidisciplinari, dalla biochimica alla medicina, dalla biofisica alla fisiologia fino alla biologia, per dare una risposta ai numerosi quesiti ancora aperti nello studio delle malattie neurodegenerative. Numerosi studi condotti nel settore dalla comunità scientifica internazionale - continua Lombardi - hanno evidenziato che le patologie neurodegenerative sono legate al processo di ”misfolding“, ossia di variazione della struttura proteica che può portare ad aggregazioni patogene e di aggregazione di proteine specifiche. Ciascuna proteina è correlata a una o più patologie, ma tutti gli aggregati proteici sembrano condividere una comune struttura: fibrille insolubili di beta-amiloidi o di beta-amiloide-like».



Studi recenti indicano, tuttavia, che «le particelle tossiche siano oligomeri solubili, probabilmente aggregati pre-fibrillari - conclude Lombardi -. In tale contesto, a Castel dell’Ovo si tenterà di affrontare gli approcci biofisici emergenti per ampliare e condividere le conoscenze del meccanismo che porta alla formazione delle proteine “tossiche” per i neuroni e arrivare, così, a trovare terapie per le malattie neurodegenerative, anche attraverso una diagnosi precoce».





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