Telemedicina, parte il progetto Spes per i pazienti affetti da emofilia

Telemedicina, parte il progetto Spes per i pazienti affetti da emofilia
Martedì 24 Maggio 2022, 21:21
6 Minuti di Lettura

Per definizione con telemedicina si intende “l’uso da remoto della competenza medica nel luogo dove insorge la necessità”. Nel 1990 la Cee ha affidato ad una commissione di esperti una riflessione prospettica in merito alle effettive possibilità, potenzialità e ambiti di applicazione della telemedicina. L’Advanced informatics In medicine definisce la telemedicina come «l’integrazione, il monitoraggio, la gestione e la cura dei pazienti, nonché l’educazione dei pazienti e del personale, usando sistemi che consentono un pronto accesso alla consulenza di esperti ed alle informazioni del paziente, indipendentemente da dove il paziente o le informazioni risiedano».

Con il tempo, quindi, il concetto di telemedicina si è progressivamente emancipato dal fattore di criticità della distanza e si è avvicinato alla necessità di condividere informazioni mediche per migliorare la salute del paziente indipendentemente dalla distanza. Purtroppo però, fin dalla diffusione della telemedicina, in Italia, il dibattito ha interessato soltanto il mondo sanitario lasciando del tutto indifferenti i giuristi italiani. Tale “distanza” non è riconducibile né alla scarsa diffusione pratica della telemedicina né all’assenza di specifiche problematiche giuridiche. Nella seduta del 10 luglio 2012 l’assemblea del consiglio superiore di Sanità ha approvato delle linee di indirizzo nazionali sulla telemedicina. Queste linee rappresentano sicuramente un valido supporto ma sono ancora troppo lontane dalle “linee guida” che sarebbero l’inizio di una specifica regolamentazione in grado di definire diritti e obblighi delle parti coinvolte.

Video

Le lacune normative ed il vuoto dottrinale rallentano inevitabilmente la diffusione della telemedicina che, nonostante tutto, non arresta la sua attività: il 50% dei progetti di assistenza domiciliare sostenuti dalla Commissione Europea ed il 30% di quelli finanziati dall’Ue sono coordinati da strutture universitarie italiane. Dal punto di vista etico, la telemedicina, in tutte le sue declinazioni (teleconsulto, telerefertazione, televisita, telemonitoraggio), è vista come uno strumento altamente funzionale in grado di rendere effettivo e concreto il diritto alla salute: equità di accesso, continuità delle cure, migliore efficacia, efficienza e appropriatezza.

Le videoconferenze, per esempio, sono utili per ottenere una rapida valutazione a distanza della gravità degli episodi emorragici da parte del personale del centro di cura, i telefoni cellulari e le applicazioni associate (app) aiutano a migliorare l'attuazione regolare della terapia sostitutiva e a monitorare gli eventuali effetti negativi che ne derivano.

I sensori portatili aiutano a migliorare lo stile di vita e a monitorare il grado di attività fisica attraverso il compimento di un determinato numero di passi quotidiani e di altre attività fisiche. La telemedicina è stata di enorme supporto anche per la registrazione dei dati. I diari elettronici hanno preso il posto dei diari cartacei per cui la validità, la qualità delle informazioni e l’immediatezza della registrazione hanno consentito una migliore organizzazione dei dati e quindi delle annesse valutazioni cliniche rispetto all’andamento della terapia. È stato riscontrato un aumento della compliance relativa alla registrazione e all’inserimento dei dati pari al 23% e di conseguenza un aumento della conformità alla terapia prescritta.

Soprattutto in tempo di Covid la telemedicina ha permesso e ha garantito un monitoraggio attento e accurato di tutti i pazienti seppur “da remoto”, e “a distanza”. Basti pensare ai post operatori e nello specifico ai casi di pazienti con emofilia A grave che hanno potuto essere seguiti con scrupolosa attenzione dalla fitta rete di contatti e della efficiente collaborazione tra comprehensive hemophilia treatment center e ospedali locali. La telemedicina presuppone, infatti, una fitta ed intensa rete di contatti al fine di garantire prestazioni elevate, un’efficiente organizzazione capace di ottimizzare interventi tempestivi e qualificati e rapidi collegamenti in grado di interfacciare centri ospedalieri e unità abitative dei pazienti.

Il progetto Spes (Self performed ultrasound to identify joint bleedings in haemophilia patients with inhibitors) nasce dalla collaborazione dell’associazione Amare ( Associazione malattie rare) con il professore Di Minno (Professore associato di medicina interna presso il dipartimento di scienze mediche traslazionali dell’Università degli Studi di Napoli Federico II) e il professore Carlo Martinoli (professore ordinario di radiologia presso il dipartimento di scienze mediche della salute dell’università degli Studi di Genova), attraverso il supporto organizzativo dell’agenzia Ethos e il contributo incondizionato di Novo Nordisk. Il progetto nasce come sperimentazione di un sistema di “telemedicina” nel quale un’apparecchiatura ecografica iper-portatile gestita in remoto dal paziente (con emofilia e con inibitori) possa rendere possibile l’invio di immagini target tramite cloud per lo screening articolare e l’identificazione di emartri subclinici.

Con questo progetto si ha la possibilità di mettere in pratica quanto stilato dalla commissione europea e quanto riportato teoricamente nei diversi documenti che hanno accompagnato la progressiva evoluzione della telemedicina. Il progetto Spes ci consente di intervenire in aeree remote, distanti dal centro di riferimento, ridurre la necessità di spostamenti non giustificati del paziente per raggiungere il centro di riferimento e la possibilità di impostare una terapia adeguata sulla base dell’informazione ottenuta dalle immagini ecografiche. I pazienti sono stati adeguatamente formati ed educati all’uso dell’ecografo attraverso un corso teorico-pratico. L’educazione e la formazione del paziente, infatti, sono aspetti fondamentali per un progetto che scopre nel paziente una risorsa per se stesso.

LEGGI ANCHE Napoli, creato il Comitato promotore del referendum sanità

La validità del dato che il clinico riceverà (in questo caso l’immagine ecografica) avrà una validità che dipenderà dal clinico stesso. Per quanto, infatti, il paziente potrà essere formato all’utilizzo dell’ecografo e delle parti che lo compongono, non avrà competenze per poter valutare il dato da inoltrare al centro referente. Qualora il medico interpretasse l’immagine come conforme ed adeguata non sarà necessario far recare il paziente in ospedale. Nel caso contrario, invece, il medico potrà richiedere al paziente di recarsi presso la struttura ospedaliera per ripetere l’ecografia e, se necessario, intraprendere la terapia farmacologica più adeguata. Sarà sempre responsabilità del clinico valutare il dato che riceverà dal paziente. Non rientriamo, infatti, nel campo “dell’autodiagnosi” bensì nell’ambito di un monitoraggio da remoto che ha lo scopo di ottimizzare le cure e di evitare accessi superflui presso il centro ospedaliero. La responsabilità , quindi, sarà sempre del clinico che dovrà rispondere, della sua attività “in presenza” o “da remoto”, dal punto di vista civile, disciplinare, erariale e penale. 

La telemedicina e nello specifico il monitoraggio da remoto nonché la sorveglianza clinica nulla tolgono a quel rapporto medico-paziente che si è coltivato in un “percorso in presenza” anzi supportano l’attività assistenziale attraverso strumenti informatici ed innovativi che potrebbero anche non essere indispensabili ma che di fatto rappresentano la differenza in termini di qualità ed efficienza delle cure. Il progetto Spes non vuole sostituire la “visita in presenza” con una visita da remoto bensì monitorare i pazienti, che lo desiderano e che danno il loro consenso, affinché possano ottimizzare il loro percorso di cura. L’utilizzo dell’ecografo è comunque subordinato alle competenze del clinico e all’impegno e alla pratica che il paziente impiegherà. Raccogliere dati può essere di aiuto per la prevenzione per la diagnosi, per l’adeguamento della terapia farmacologica, per la possibilità da parte del paziente di interagire nell’immediato con il medico al fine di evitare infusioni aggiuntive non adeguate e proporzionate e per evitare accessi ospedalieri superflui.

© RIPRODUZIONE RISERVATA