Cinque anni di pizza Unesco, Napoli celebra i suoi maestri pizzaiuoli: «Non dimentichiamo la nostra storia»

La cerimonia nella Casina Pompeiana della villa comunale di Napoli

Cinque anni di pizza Unesco, Napoli celebra i suoi maestri pizzaiuoli: «Non dimentichiamo la nostra storia»
di Alessio Liberini
Mercoledì 7 Dicembre 2022, 19:52 - Ultimo agg. 19:53
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«Fatte 'na pizza c'a pummarola 'ncoppa vedrai che il mondo poi ti sorriderà» cantava l’indimenticabile Pino Daniele nel lontano 1993.

Difatti in ogni angolo del globo non esiste persona che non abbia mai assaporato, anche solo per una volta, almeno uno spicchio di quello che è a tutti gli effetti il piatto simbolo dell’intera cultura culinaria italiana.

Dietro al celeberrimo disco di impasto, condito solitamente con pomodoro, mozzarella, olio e basilico, c’è una vera e propria tradizione resa planetaria dai maestri partenopei dell’arte bianca. Ecco perché dal 7 dicembre del 2017 «l’arte del Pizzaiuolo Napoletano» è entrata a far parte della lista del Patrimonio culturale immateriale dell’Umanità (UNESCO). Questa mattina, in occasione del quinto anniversario del prestigioso riconoscimento, la Fondazione UniVerde insieme all’associazione Pizzaiuoli Napoletani e l’associazione Verace Pizza Napoletana hanno festeggiato la ricorrenza conferendo delle speciali medaglie d’oro e d’argento, coniate per l’occasione dall’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, ad oltre 20 maestri pizzaioli napoletani, principali custodi di una tradizione che si tramanda di generazione in generazione. L’evento è stato inoltre patrocinato dal Comune di Napoli con la main partnership di Latteria Sorrentina.

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«Esattamente cinque anni fa – racconta Alfonso Pecoraro Scanio, presidente della Fondazione UniVerde e promotore della petizione mondiale #pizzaUnesco - eravamo in Corea a ricevere questa grande soddisfazione: l’approvazione, unanime, da parte della commissione internazionale Unesco per il riconoscimento dell’arte del pizzaiuolo napoletano». «Questo– osserva Scanio - ha provocato un grande rilancio del ruolo del pizzaiuolo ed anche della riconoscibilità dell’origine napoletana della pizza tradizionale artigianale a livello mondiale. Oggi il nostro compito è appunto rilanciare ancora di più non solo la qualità della produzione artigianale ma i prodotti italiani che ci sono dietro. Ecco perché all’interno di quest’iniziativa rilanciamo anche la campagna “No Fake Food” contro i finti prodotti italiani e soprattutto contro i cibi artificiali: la pizza diventerà il simbolo di questa campagna»

Alla cerimonia, svoltasi nella Casina Pompeiana della villa comunale di Napoli, hanno preso parte, oltre ai tanti maestri dell’arte bianca partenopea, anche il Vicepresidente del Consiglio Comunale di Napoli, Flavia Sorrentino (coordinatrice della celebrazione), Sergio Miccù, presidente dell’Associazione Pizzaiuoli Napoletani, Antonio Pace, presidente dell’Associazione Verace Pizza Napoletana e Antonio Cascelli, direttore della Zecca dello Stato.

«Con il quinto anniversario del riconoscimento Unesco – dichiara il presidente dell’associazione VPN, Antonio Pace - abbiamo voluto finalmente premiare i pizzaiuoli che sono stati i veri autori con la loro arte, tramandata nei secoli, del raggiungimento di questo straordinario obiettivo».

«I giovani che si approcciano all’arte del pizzaiolo – ha spiegato, invece, il presidente di Apn, Sergio Miccù, richiamando l’importanza della tradizione – devono continuare quest’arte perché senza storia non c’è arte. E la storia non si può cambiare inventandosi, magari, altre ricette chiamandole “pizza napoletana”».

A portare i propri saluti ai maestri dell’arte bianca sono stati anche il rettore dell’Università Federico II, Matteo Lorito e l’antropologo Marino Niola. «La pizza – ricorda Niola - è uno dei grandi simboli di Napoli, direi che è un totem della città, ed è quindi fondamentale il riconoscimento Unesco. Insieme a tutti i capolavori di Napoli c’è anche la gastronomia che è espressione diretta del genio del popolo partenopeo perché la pizza, e bene non dimenticarlo, è stata inventata per saziare la fame di chi poteva mangiare poco. La chiamavano il “pronto soccorso” dello stomaco mentre adesso è diventata il comfort food più diffuso nel pianeta».

Oggi, nei fatti, si parla di «cucina gourmet a tutti gli effetti e i pizzaioli sono degli chef: questo è un buon segno di trasformazione però – avverte l’antropologo - non bisogna dimenticare l’origine e la tradizione. Se dimentichiamo da dove veniamo è la fine».

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