La cucina vegana a Napoli tra tradizione e reinvenzione

Le voci dei gestori delle attività vegane del centro storico

'O Grin, Vegan Art e Officina Vegana, tre attività ristorative nel centro storico di Napoli (foto a cura di Aurora Alliegro)
'O Grin, Vegan Art e Officina Vegana, tre attività ristorative nel centro storico di Napoli (foto a cura di Aurora Alliegro)
di Aurora Alliegro
Mercoledì 15 Febbraio 2023, 17:57 - Ultimo agg. 16 Febbraio, 07:49
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«L’uomo è ciò che mangia», scriveva il pensatore tedesco Ludwig Feuerbach. Per il filosofo, gli esseri umani giungono a definirsi anche attraverso il cibo di cui scelgono di nutrirsi. L’alimentazione, oltre ad essere il principio alla base della vita, intuizione presto confermata dalla scienza, sarebbe stata anche un’ala dell’autocoscienza, uno strumento di sostentamento biologico e ontologico.

Effettivamente, sono molteplici le modalità attraverso cui il cibo ha influenzato la storia umana. L’intera evoluzione degli esseri viventi è stata accompagnata da significativi avanzamenti in ambito alimentare con peculiari specificità geografiche. La storia culinaria, dunque, ben lungi dal cristallizzarsi come percorso statico e isolato, ha costantemente sfiorato gli itinerari culturali, sociali ed economici dei popoli, divenendo parte stessa di costrutti identitari e comunitari.

Anche il panorama contemporaneo è attraversato da persistenti mutazioni in ambito culinario che trasformano la maniera di stare al mondo degli esseri umani. Cambiamenti talvolta rigettati perché ritenuti responsabili di sradicamenti identitari, culturali e finanche naturali, ma che in realtà manifestano la sostanziale duttilità degli esseri viventi, capaci puntualmente di adattarsi e di reinventare ciò che li circonda per far fronte alle problematiche che si trovano innanzi.

Ne è la prova la crescente popolarità della cucina vegetale in Italia e nel mondo. L’umanità, posta di fronte a ingenti minacce che ne mettono a repentaglio la sopravvivenza, ha nuovamente raccolto il guanto di sfida, immettendosi sui binari della metamorfosi attitudinale e della rivoluzione culinaria. A tal proposito, solo due settimane fa si è concluso il Veganuary, l’iniziativa internazionale che avvicina annualmente centinaia di migliaia di persone all’alimentazione vegana.

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Napoli non è estranea a questi venti turbinosi che attraversano l’intero globo e soffiano poderosamente sulle coscienze umane. Anche il centro storico di Napoli, infatti, baluardo della tradizione culinaria partenopea, ha visto irrompere il vortice del cambiamento. Una trasformazione che non rinuncia al gusto della tradizione, piuttosto la rivisita attraverso l’utilizzo di materie prime alternative e sostenibili, all’insegna del rispetto di etica, ambiente e salute.

Protagonisti del cambiamento in atto nel cuore di Napoli, insieme ad altri punti di ristorazione situati sul territorio metropolitano, sono tre attività ristorative completamente vegane. Si tratta di Officina Vegana (in Via Sedile di Porto), ‘O Grin (in Via Mezzocannone) e Vegan Art (in Via Duomo). 

 

Tre attività vegane nel cuore di Napoli 

PER UNA CUCINA “CONSERVATIVA”: OFFICINA VEGANA

Officina Vegana, piccolo locale situato a pochi passi dalla Sede Centrale della Federico II, nasce nel 2017 dall’iniziativa di Alessandra Fidanza e Raffaele Romano.

«Siamo due amici», racconta Raffaele, «io sono vegano, Alessandra è stata vegetariana. Entrambi veniamo dal mondo della ristorazione, così abbiamo avuto l’idea di aprire un’attività vegana a Napoli, dove i vegani hanno grosse difficoltà data la scarsa offerta». «È un modo per dare una mano ad animali, ambiente e salute», aggiunge subito dopo Alessandra.

La proposta di Officina Vegana punta soprattutto sull’autoproduzione al fine di manipolare il meno possibile le materie prime e conservarne così il sapore originario nonché le proprietà nutritive associate. È proprio in virtù di queste ragioni che Officina Vegana si definisce “cucina conservativa”.  «La nostra cucina non è soltanto vegana, ma è anche sana, protetta», spiegano Alessandra e Raffaele. «Questo ci permette di aprirci a un pubblico più ampio che mira all’alimentazione sana, non soltanto ai vegani», continuano. Raffaele, infatti, ha intrapreso l’alimentazione vegetale soprattutto per ragioni salutari: «Tutto è nato dalla volontà di mangiare sano. Per superare dei problemi di salute e avere più forze ho provato l’alimentazione vegana. Mi ha aiutato tantissimo.»

Le materie prime alla base dei menu di Officina Vegana sono verdure e cereali integrali reperiti da aziende locali italiane. I prodotti sostitutivi dei derivati animali, quali seitan, tofu e latte di soia, sono autoprodotti, così come le tante creme che arricchiscono i menu settimanali. Al bando frittura e utilizzo di conservanti, i piatti di Officina Vegana vengono infatti cotti in vaporiere in bamboo.

«All’inizio abbiamo dovuto combattere molto, ma dall’assaggio in poi è tutto più semplice», rispondono Alessandra e Raffaele interrogati sui pregiudizi nei confronti della cucina vegetale. La prova più grande, sostengono Alessandra e Raffaele, è stata la pandemia. «Il covid ci ha molto spaventato», dicono, «ci siamo dovuti adattare e reinventare con consegne in divise aerospaziali.

Averlo superato però ci dà molta forza».

E il futuro? Nato come un piccolo locale, Officina Vegana, secondo i suoi gestori, è destinato a una evoluzione a piccoli passi: aggiungere un secondo punto vendita, prima, e aprire un ristorante più grande, poi, con l’obiettivo di conquistare una clientela sempre più vasta e variegata.

ETICO E BUONO: ‘O GRIN

Imma Di Meo è una dei tre fondatori che nel 2014 hanno dato vita a ‘O Grin, ristorante situato nel centro di Mezzocannone. «Siamo stati i primi ad aprire ed eravamo un po’ timorosi. Ci chiedevamo se questo tipo di cucina sarebbe stata accettata a Napoli, patria della mozzarella», rivela Imma. Tuttavia, quasi a sorpresa, ‘O Grin è stato accolto subito con entusiasmo prima dai vegani e successivamente anche dagli onnivori. «Ci sono dei preconcetti e delle immagini distorte che riguardano la scelta vegana, ma le cose sono cambiate molto ultimamente. Ci siamo fatti conoscere ed è diventato più semplice far comprendere la nostra idea di cucina», spiega Imma.

La proposta culinaria di ‘O Grin si basa sull’utilizzo di verdure, legumi e di alcuni prodotti sostitutivi come seitan, tofu e tempeh. Le materie prime sono solitamente biologiche e provengono da produzioni locali e aziende campane. «Abbiamo scelto una cucina molto semplice, basica, da casa», delucida Imma, «la prima difficoltà è stata strutturare un menu, perché i napoletani sono abituati a un primo e un secondo, e il secondo è fatto quasi sempre da proteine di origine animale. Noi sorridevamo sempre e dicevamo: “il secondo sarà la cosa che mangerai dopo il primo”».

Al taglio tradizionale della cucina di ‘O Grin si unisce l’attenzione al tema dell’acqua come bene comune (depurata e servita gratuitamente ai clienti), la protezione dell’ambiente (con l’utilizzo di materiale compostabile) e una specifica visione della vita e del lavoro. «È un progetto ambizioso quello di lavorare poco e bene. Non si può vivere per lavorare 18 ore al giorno», conclude Imma.

Stranamente, Imma non è sempre stata così aperta verso la dieta vegetale, tuttavia si è dovuta ricredere quando, su consiglio del suo medico, ha eliminato il consumo della carne per far fronte ad alcuni problemi di salute. «Io ero estremamente scettica, ma effettivamente sono stata immediatamente meglio», dice, «questo mi ha fatto molto riflettere, non avevo mai preso in considerazione come quello che mangiassi facesse sentire il mio corpo».

Per quanto riguarda il futuro, Imma si ritiene ottimista: «Io credo profondamente in questo progetto, malgrado le tante difficoltà, tra cui la pandemia, le chiusure e l’aumento dei prezzi. Credo anche che il tema si imporrà dal punto di vista sociale. Stiamo tirando una corda dal punto di vista alimentare, una tensione che non può essere sostenuta né dal pianeta e nemmeno dagli esseri umani», conclude. 

RICERCATO E GUSTOSO: VEGAN ART

Situato a pochi passi da Spaccanapoli, Vegan Art nasce come Sbuccia e Bevi nel 2014 a partire dall’iniziativa di Domenico Grieco e di sua sorella Lucia.

Domenico, vegano da ormai otto anni, ha intrapreso questa scelta per ragioni etiche e salutari. «Ho visto la differenza e non potrei mai tornare indietro sia per il rispetto per gli animali che per me stesso», sostiene. «Noi, da vegani, volevamo dimostrare alle persone che si può mangiare un prodotto sano ed etico che non sia di derivazione animale». E se inizialmente la proposta non è stata accolta dalla più folta delle file, la ricezione è poi cambiata. «Noi abbiamo sempre incoraggiato a provare, e così le persone sono tornate», continua Domenico, «la nostra clientela ci segue perché sa che i nostri prodotti non sono industriali e che si possono mangiare tutti i giorni». Non solo vegani, quindi, ma anche onnivori, intolleranti e numerosi turisti.

Anche Vegan Art insiste molto sull’autoproduzione (come per il cioccolato), rispetta la stagionalità di frutta e verdure e utilizza materie prime locali (ad esempio le nocciole di Giffoni). «Dietro ogni piatto c’è una ricerca», chiarisce Domenico, «andiamo sul posto a identificare i prodotti che ci piacciono di più. Ed è così che nasce un piatto». Alla base delle ricette di Vegan Art, si trovano soprattutto verdure e prodotti locali. «Il nostro piatto storico è il piatto unico, cioè il burger vegetale che produce mia sorella accompagnato da un misto di contorni. E poi una serie di panini con combinazioni create a da noi. Ogni piatto ci identifica ed è il frutto di una sperimentazione.»

È tuttavia la pasticceria a costituire la nota caratteristica di questo piccolo locale vegano. «La mia passione è la pasticceria, anche se è più impegnativa. Il sapore dei nostri dolci deriva dalla frutta, dall’aroma del cioccolato, dalle fave di cacao», asserisce il titolare. Una pasticceria moderna e sperimentale capace di conquistare vista e palato grazie a un particolare dosaggio degli ingredienti. Una pasticceria che si pone dunque a metà strada tra arte e scienza esatta. «Durante la pandemia, casa mia era diventata un piccolo laboratorio per sperimentare, subito dopo il covid, infatti, abbiamo reinventato la pasticceria», continua, «la pasticceria moderna mi piace perché è come la chimica».

Il sogno di Domenico? Quello di trasformare Vegan Art in una immensa pasticceria in cui il cliente possa perdersi e lasciarsi conquistare da piccole monoporzioni simili a sublimi gioielli.

«Se il cibo è il linguaggio più universalmente umano, ogni cucina è lo specchio di una società» (Marino Niola)

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