Ciro Iovine, 10 anni di pizza New York: «Ma Song' E Napule, scugnizzo per sempre»

Ciro Iovine, 10 anni di pizza New York: «Ma Song' E Napule, scugnizzo per sempre»
di Luca Marfé
Giovedì 3 Settembre 2020, 22:01
5 Minuti di Lettura

10 anni di America, ma «scugnizzo forever», per sempre.

Ciro la pizza ce l’ha nel cuore, proprio come Napoli.
E con Napoli nel cuore è arrivato fino a New York, tra esperienze collezionate e traguardi raggiunti.

Eppure lui non si ferma ed eccolo lì, che non fa neanche in tempo a festeggiare che è già pronto per rincorrere il prossimo sogno.

La sua è una storia d’amore che profuma di farina e pomodoro.
Una storia nata quando da bambino si divertiva a fare le pizze con suo padre e passava di locale in locale solamente per “rubare con gli occhi”, completamente estasiato.

«Mio fratello, che già all’epoca faceva il pizzaiolo, mi chiese se volevo imparare questo mestiere; mai avuto dubbi e, così, iniziai all’età di 13 anni. È stato lui a trasmettermi l’amore per quello che faccio, insieme a tutto ciò che gira attorno alla ristorazione, dalle faccende più semplici, fino al più alto rispetto per tutti i colleghi».

L’avventura di Ciro.



«Ho cambiato locali, città e nazioni. Quando passavano cinque o sei mesi in uno stesso posto, mi annoiavo e voltavo pagina. Ho sempre voluto viaggiare; ora sono passati tanti anni, ma la voglia di esplorare il mondo non mi ha mai lasciato!».

Dopo qualche tempo, insomma, la pizza lo porta oltreoceano.

«A 28 anni dissi “Papà, vado a lavorare ai Caraibi”; volevo cambiare la mia vita, tutto quanto. Andai lì e dopo un mese già mi conoscevano tutti. Poi, un giorno, un mio amico che viveva a New York mi chiese di andarlo a trovare».

Ciro non se lo lascia ripetere due volte e parte per la Grande Mela.
Appena tocca terra, è amore. E decide di fare di tutto per restare.

 


«Il mio primo lavoro è durato mezz’ora: in una pizzeria in cui impastavano ingredienti che nel vocabolario della pizza napoletana non esistono nemmeno. Mi tolsi subito grembiule e bandana e dissi “è stato un piacere”. Io sono di mentalità aperta, ma la pizza è la pizza! Comunque, poi, siamo diventati amici!», racconta e scoppia in una bella risata.

Ciro inizia a lavorare in un locale americano e dopo un mese approda a Manhattan.

«Mi sembrava di vivere in un film e ancora oggi, giorno per giorno, questa città mi dona sempre delle emozioni. New York è una città che non ti fa abbattere, se hai un sogno e tanta grinta, sai che vivendo qui puoi diventare chi hai sempre voluto essere».

Un sogno che compie 10 anni.



«New York mi ha insegnato tante cose e mi ha donato quanto di più prezioso potessi desiderare: mia moglie e i miei figli. È grazie a lei che sono arrivato dove sono oggi. Insieme abbiamo aperto la nostra pizzeria e sono già passati più di cinque anni».



Song’ e Napule ha regalato a Ciro tantissime soddisfazioni: per la seconda volta eletta come migliore pizzeria newyorkese dal Gambero Rosso, vincitrice della sfida televisiva di Little Big Italy e tanti e tanti altri riconoscimenti.

Una grande ricerca degli ingredienti e tutta la tradizione napoletana nel menù: questi i segreti del suo successo.

«Mangio una pizza al giorno solamente per capire com’è venuto l’impasto, così da poterlo controllare costantemente. Per me la pizza è come il latte con i biscotti la mattina, è la tradizione, la storia non soltanto napoletana, ma pure italiana».

Ciro ha racchiuso nella sua attività tutta la sua autenticità.
E quella autenticità gli americani l’hanno capita e l’hanno apprezzata, sempre di più.

«Quando faccio un cambiamento nel locale prendo sempre in considerazione il loro parere, ormai hanno imparato a capire l’unicità del nostro cibo».

Un popolo che Ciro ama per tanti motivi.

«Per me sono un pubblico spettacolare, li amo. Ormai questa terra mi ha proprio preso. Quando avevamo appena aperto, mia figlia stava con noi al locale e giocava fuori sul marciapiede. Un giorno pensando che fossero da buttare, un addetto prese tutti i suoi giocattoli e li buttò; un cliente vide tutto e ci lasciò 200 dollari di mancia per ricomprare i giocattoli alla bambina. Volevo piangere dall’emozione! Sono cose che toccano, è un bel popolo, unito e forte».

E quando parla di New York in questa fase tanto particolare, Ciro racconta:

«Avevo paura per la mia famiglia, così, il 15 Marzo ho chiuso. Senza stare, però, con le mani in mano. Ho fatto dei lavori nel locale, volevo investire per ripartire a razzo!», dice con la sua solita nota di allegria.

«E se è andato tutto bene è grazie al mio team: Gennaro, Giggino, come li ho ribattezzati io! Siamo rimasti uniti nonostante tutto ed è stato fondamentale!».

Ciro vuole lasciarsi alle spalle i mesi difficili. È sicurissimo e dice sorridendo:

«NY è forte, sono certo che l’anno prossimo tornerà tutto meglio di prima».

Tanti i progetti nella testa, ma uno in particolare.

«Ho un sogno: fondare qualcosa con il mio amico Marco Giugliano, chef al dōma di Miami. Siamo molto simili, con un passato rigido, quello tipico di due grandi lavoratori. Per il momento, però, bisogna aspettare ancora un attimo, che tutto torni alla normalità».

E non è certo l’unico desiderio di Ciro che ne ha gli occhi pieni, pienissimi.

«Non mi fermo, questo è sicuro! Vorrei immaginare un mio brand tutto mio. Sono un sognatore, sin da bambino, e uno dei miei più grandi desideri è quello di tornare a Napoli e aprire una pizzeria. Sono rimasto lo scugnizzo di Fuorigrotta che non si è dimenticato della sua terra, dei valori che mi hanno insegnato i miei genitori e che io sto cercando di trasmettere ai miei figli». 

Una sicurezza su tutte. 

«La mia vita professionale è stata una bella sfida ma ancora non è finita, ho una bomba nel cervello, ho tanta fantasia! E una cosa è certa: questa città non la lascerò, mai!».


Elaborazione “Napoli - New York” di Marcello Maselli.
Ha collaborato Roberta Testa.
Le immagini del video sono di Lorenzo Franco

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