Green pass, Roger Abravanel: «La scuola si trasformerà. Il certificato è salvezza»

Green pass, Roger Abravanel: «La scuola si trasformerà. Il certificato è salvezza»
Green pass, Roger Abravanel: «La scuola si trasformerà. Il certificato è salvezza»
di Mario Ajello
Giovedì 29 Luglio 2021, 00:28 - Ultimo agg. 06:22
5 Minuti di Lettura

Professor Abravanel, nei suoi libri insiste moltissimo sulla centralità della scuola come cardine della rinascita dell’Italia. Non è questo il momento, anche attraverso l’immunizzazione totale degli studenti di dare un segnale forte?
«Non solo pochi studenti sono vaccinati, ma anche tra i docenti gli indici di immunizzazione sono ancora bassi. Il discorso credo vada impostato così. Il Covid non ha tanto penalizzato la didattica nelle scuole elementari. Un po’ perché i più piccoli sono riusciti ad andare in presenza a scuola, ma soprattutto perché la qualità dei nostri docenti alle elementari è superiore a quella degli insegnanti delle medie e delle superiori, soprattutto per quanto riguarda gli istituti tecnici e professionali. Mentre la dad per i più piccoli è difficile da usare, per i più grandi è più facilmente utilizzabile, e qui s’è vista la differenza di qualità tra gli insegnanti dei vari livelli scolastici e tra il corpo docente del Nord e quello del Sud. Nel Mezzogiorno, la dad è stata un disastro anche a causa dell’impreparazione degli insegnanti». 

Proprio per questo la scuola non può essere che in presenza e a questo scopo serve l’obbligo vaccinale per studenti e docenti?
«Io non lo chiamerei obbligo vaccinale, ma Green pass.

E serve per tutti gli insegnanti e per tutti gli studenti sopra i 12 anni. Il Green Pass è un incentivo: o ti vaccini o non puoi partecipare alla vita sociale e non puoi neanche lavorare». 

Ma qual è la differenza tra obbligo vaccinale e Green pass?
«E’ terminologica. Perché la libertà prevede che uno possa decidere di non vaccinarsi. Ma la sua libertà finisce quando comincia la libertà di un altro. Quindi un professore può decidere di non vaccinarsi, ma se va a scuola e contagia un collega o un alunno lede la loro libertà. Il Green pass rappresenta un incentivo per tutti a vaccinarsi senza essere necessariamente obbligati a farlo». 

E’ un concetto però che molti non accettano.
«E sbagliano. I populisti di casa nostra giocano sull’ambiguità terminologica tra obbligo vaccinale e Green pass, dicendo che il secondo è una riduzione della libertà individuale. Populisti di destra e di sinistra, No vax e Nì vax, filosofi radical chic, i sospettosi e i dietrologi che vedono chissà quali complotti dei Big Pharma e dello Stato: queste e altre categorie sfruttano la confusione terminologica per dire che il Green pass è violazione della libertà». 

Non lo è, assolutamente? 
«Ma figuriamoci. Anzi, è una forma di protezione della libertà individuale. Perché se io impedisco a un professore di fare un danno a un altro professore, o a un bambino a scuola, gli impedisco di ledere la libertà di queste persone. Non vuole vaccinarsi? Rimanga a casa!». 

Mica vorrà sostenere che con il Green pass abbiamo risolto tutti i problemi della scuola?
«Ma certo che no. La dad non sparirà mai completamente. E soprattutto, ci sarà una rivoluzione nella didattica, perché il Covid ha rivelato grandi opportunità di trasformazione tecnologica della società e dell’economia, come ho spiegato nel mio ultimo libro, Aristocrazia 2.0. In ogni caso, nella scuola, bisogna massimizzare la presenza e mettere in sicurezza il più possibile. L’obiettivo non è tornare tutti in aula come prima ma è quello di sfruttare l’opportunità che ci ha offerto il Covid per preparare la scuola del futuro».

Come dovrà essere? 
«Va anzitutto ripensata la valutazione dei docenti. Su circa 800 mila, ce ne sono oltre 200 mila che sono bravissimi, altri mediocri e altri pessimi. Il problema è che non si sa quali sono i capaci e quali gli scarsi, e questo dipende dalla non trasparenza. Io fui tra i primi a proporre il test Invalsi. La ministra Gelmini adottò questa proposta e tolse l’Invalsi dal commissariamento. Da allora, questo criterio di valutazione è stato adottato per 6-7 milioni di ragazzi». 

Quindi è nata la meritocrazia, a cui lei ha dedicato un saggio famoso?
«No, è nata la meritocrazia delle carte bollate. Perché questi test Invalsi non sono nati per valutare le scuole e gli insegnanti. Ora, davanti a questa incapacità di avere una seria meritocrazia, bisogna garantire la presenza a scuola il più possibile e soprattutto in quei tipi di scuole - le medie e gli istituti tecnici e professionali - dove la qualità dell’insegnamento è molto peggiore. Da questo punto di vista, il Green pass è fondamentale». 

I prof che lo rifiutano vanno sospesi dal lavoro?
«Assolutamente, sì. Perché i lavoratori devono lavorare in sicurezza, come dicono tutte le norme che sono state conquistate in decenni di lotte sociali. Se c’è un lavoratore a cui viene permesso di creare un rischio sanitario agli altri colleghi o agli utenti del suo servizio, si violano le regole basilari del diritto del lavoro. Che non sono solo la protezione del posto di lavoro ma anche la protezione della propria salute e di quella degli altri».

Il suo è un discorso per molti inaccettabile.
«Mi fa impressione che certi politici anti-Green pass, che qualche volta si vaccinano per paura e però cercano di non fanno sapere, si dichiarino liberali. Quando sono esattamente il contrario».
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA