Scuola, il ministro Valditara: «Un tutor in classe per gli studenti difficili già dal prossimo anno»

Il ministro dell’Istruzione: «Bisogna recuperare la dispersione scolastica, anche rendendo gli istituti più accoglienti. E i presidi ruoteranno di meno»

Scuola, il ministro Valditara: «Un tutor in classe per gli studenti difficili già dal prossimo anno»
Scuola, il ministro Valditara: «Un tutor in classe per gli studenti difficili già dal prossimo anno»
di Ernesto Menicucci
Lunedì 9 Gennaio 2023, 00:48 - Ultimo agg. 12:59
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Ministro Valditara, che scuola sarà quella del 2023 e in generale quella che ha mente il governo?
«Vorrei partire da una ricorrenza storica: quest’anno ricorrono i 75 anni di entrata in vigore della Costituzione che ha al centro il concetto di persona. Come affermava Giorgio La Pira prima viene la persona e poi lo Stato».

Quindi, sulla scuola?
«L’insegnamento va il più possibile personalizzato, proprio perché la scuola del merito di cui parliamo noi deve sviluppare i talenti individuali dei ragazzi, promuovendo le attitudini di ciascuno».

E questo, concretamente, come si può realizzare?
«Quella che ho illustrato nelle linee guida, varate prima di Natale, è una rivoluzione. Verrà introdotta la figura del docente tutor per ogni gruppo classe, il docente che dovrà avere una formazione particolare, ed anche essere pagato di più, e che dovrà in team con gli altri insegnanti seguire in particolare quei ragazzi con maggiori difficoltà di apprendimento ma anche di quelli molto bravi che magari in classe si annoiano e che hanno bisogno di accelerare».

L’altro passo qual è?
«L’orientamento, che deve dare consigli ai giovani e alle famiglie sulle scelte più opportune sulla prosecuzione degli studi. Occorre cioè da una parte che la scuola sappia individuare le potenzialità dello studente, dall’altra è necessario recuperare informazioni dai territori per conoscere le concrete prospettive formative e occupazionali. La scuola deve far emergere le attitudini dei ragazzi, come l’arte socratica della maieutica».

Lavoro da fare in quale fase dello studio?
«Questo vale soprattutto per medie e superiori, specie per quanto riguarda l’orientamento».

Da quando entrerà in vigore la figura del tutor?
«Dal prossimo anno scolastico, nel contempo avvieremo gradualmente una formazione specifica».

Ma il merito, secondo lei, si valuta solamente con i voti? In Italia, e non solo, ci sono diverse sperimentazioni sul tema...
«Per questo abbiamo varato quello che chiamo il portfolio sintetico dello studente, cioè la narrazione che accompagna i ragazzi, rappresenta i loro successi, i miglioramenti, le problematicità. Il voto è un indicatore di un momento, ed uno stimolo, è dunque solo un mezzo.

Ciò che serve è una valutazione complessiva delle attitudini, della partecipazione, dell’impegno, della capacità di saper fare connessioni, della maturazione. Per questo mi piace il ritorno alla maturità con il colloquio interdisciplinare».

Ha detto che inizierà un percorso di ascolto delle scuole italiane: da dove partirà?
«Innanzitutto dalle scuole più disagiate ascoltando presidi, professori, studenti, personale tecnico».

E sulla sicurezza?
«Intanto ho firmato l’attribuzione di 700 milioni previsti nel Pnrr che attendevano di essere stanziati. Su mia indicazione abbiamo inoltre trovato altri 1,2 miliardi nelle pieghe del bilancio del ministero che serviranno per la riqualificazione delle scuole, la messa in sicurezza, l’abbattimento delle barriere architettoniche».

Obiettivo finale?
«La grande sfida è combattere la dispersione scolastica. I dati sono impressionanti: in Italia il 13,2% dei ragazzi tra 15 e 19 anni non studia e non lavora. Per fare degli esempi, in Romania la percentuale è del 12,1%, in Germania del 5%, in Portogallo del 2,6%, in Svezia del 2,5%».

Si è dato un target?
«Bè, portare questo dato sotto al dieci per cento entro qualche anno sarebbe un buon punto di partenza».

E come si fa?
«La strada è quella tracciata, con tutor e orientamento. Poi però, come confermano molti studi recenti, si va a scuola più volentieri se l’istituto è bello, luminoso, i colori tenui per esempio favoriscono la concentrazione, le luci calde sono accoglienti. E servono professori sempre più motivati e autorevoli. Per questo, tra le prime cose fatte, c’è stata la stipula delcontratto con aumenti medi di 124 euro al mese, i più significativi da molti anni a questa parte. Poi ci sono gli stanziamenti, portati da 200 a 255 milioni per le palestre scolastiche: 84 milioni circa per palestre e mense nelle regioni cosidette “più in difficoltà”. Siamo anche riusciti ad ottenere dal Mef il consenso per utilizzare fondi del Pnrr per pagare docenti e personale Ata, impegnati nella lotta alla dispersione scolastica. I piani e gli interventi contro l’abbandono dovranno essere almeno biennali».

Che altro?
«Ho chiesto a Invalsi di individuare le 50 scuole italiane che hanno grandi difficoltà. Voglio partire con una sperimentazione come si è fatto in Francia. In queste realtà più difficili le classi dovrebbero essere molto ridotte, dieci studenti l’una. Ho incarico un gruppo di lavoro di alto profilo di individuare una serie di azioni importanti da realizzare in queste scuole».

Il valzer dei presidi?
«Non ci può essere disparità tra la durata massima degli incarichi. E credo che sei anni siano pochi per avere una continuità gestionale»

Cellulari in classe, sì o no?
«Non è, come qualcuno ha detto, un provvedimento contro la modernità. Nella circolare si fa esplicito riferimento alla cittadinanza digitale. è una forma di rispetto verso i docenti e i compagni. È l’uso improprio che ho ribadito essere vietato, dopo anni di trascuratezza, non certo quello a scopo didattico».

Come si fa a far rispettare il divieto in classe?
«Nello Statuto degli studenti ci sono varie soluzioni. Il preside di una scuola milanese dopo l’emanazione della mia circolare, ha disposto di mettere delle cassettine fuori dalle classi dove gli studenti lasciano il cellulare e lo recuperano alla fine delle lezioni. I ragazzi stanno sempre sui cellulari, non si parlano più, non socializzano, la pandemia ha accentuato questo disagio».

Cosa ben diversa è la digitalizzazione della scuola...
«Nel Pnrr sono stanziati 2,1 miliardi per la digitalizzazione. Vorrei che tutte le scuole si connettessero a grandi biblioteche internazionali o che si dotassero di strumenti per fare una video-lezione con illustri docenti universitari italiani o stranieri con traduzione simultanea».

Anche alcuni programmi di alcune materie andrebbero rivisti?
«Guardi, ho voluto istituire un gruppo di lavoro composto da illustri professori di materie scientifiche che prenderà contatto con il premio Nobel Giorgio Parisi e con l’Accademia dei Lincei, per rimodulare l’insegnamento di Matematica e Fisica: partire dal reale per arrivare all’astrazione».

 

L’alternanza scuola-lavoro?
«Al Sud ci sono talvolta difficoltà a trovare imprese. Bisogna prevedere agevolazioni che favoriscano la disponibilità delle imprese, e nel contempo modulare l’offerta formativa in ragione dei bisogni del territorio. Penso, per il Sud, all’agrifood, all’alberghiero, alla nautica, ai beni culturali, alla gestione delle risorse ittiche. In Italia ci sono 1,2 milioni di posti di lavoro non coperti perché mancano le qualifiche adeguate. La scuola, tramite la formazione, deve servire a colmare questo gap».

Ci tolga una curiosità: come è stata la sua Maturità?
«Feci un tema su Carlo Porta, poeta dialettale milanese che descriveva con tocco magistrale i vizi e le debolezze del popolo lombardo, come quel Gioanin Bongée. Quelle scene così realistiche che hanno per protagonisti popolani milanese mi sono rimaste dentro».

E l’insegnante che più si ricorda?
«A parte mia madre, maestra elementare, che mi faceva imparare l’alfabeto mettendo dei cartelloni con le lettere in camera, mi ricordo un maestro, Borghi, che ci faceva intervenire in classe commentando i fatti della vita, tirando fuori le nostre emozioni, i nostri sogni. Dice Proust: l’ambiente non è com’è ma come ci appare, imparare a tirar fuori quello che ci appare, la ricchezza che sta nel cuore di ogni giovane è la cosa più bella che un docente può fare». 

Una questione di prospettiva, come il prof che nell’Attimo fuggente fa salire i ragazzi sul banco.
«Giusto, quel mio maestro ha anticipato il Keating interpretato da Robin Williams...».

Da oggi si torna sui banchi, il Covid sembra di nuovo avanzare. Si tornerà mai alla Dad?
«È stata necessaria in un certo momento, ma spero non ce ne sia più bisogno. La scuola non è solo didattica, ma socializzazione».

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