Da Jackie a Kors-Versace, è Capri la griffe dei sogni

Da Jackie a Kors-Versace, è Capri la griffe dei sogni
di Anna Maria Boniello
Giovedì 27 Settembre 2018, 11:00
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«Michael Kors diventa caprese». Lo stilista più amato dagli under 40, dagli huppies, dai teenagers e dai fanatici dell'abbigliamento sportivo anche nell'alta moda ci ha messo poco a fare impazzire la piazzetta. Lui che dell'isola è un habitué e un grande estimatore, non ha avuto dubbi: una volta completata l'acquisizione del brand Versace, la sua Michael Kors Holding diventerà «Capri Holding Limited», società in cui confluirà anche il marchio Jimmy Coo. Il nome Capri ancora una volta ha fatto centro: se nel 1800 colpiva la fantasia e attirava quasi come un invisibile calamita intellettuali e scapigliati del Grand Tour e nello scorso secolo magnati, aristocratici e dive di impareggiabile bellezza, l'isola azzurra oggi è diventata la mecca delle griffe che sempre pù numerose ambiscono a unire al loro marchio quelle cinque magiche lettere, quasi fosse proprio lei, Capri, la vera griffe di cui menar vanto.
 
Il fascino ha origini lontane e risale agli anni 50, quando la R.J. Reynolds Tobacco Company lanciò sul mercato le sigarette con marchio «Capri» dando loro il nome di «Capri Raimbows». Una sigaretta originale che era caratterizzata dal fatto che aveva le cartine di diversi colori. Il marchio venne poi acquistato dalla Brown & Williamson che fece delle Capri una marca di sigarette al mentolo, che però non ebbe il successo sperato. Il silenzio durò fino alla fine degli anni 80 quando le Capri vennero rimesse sul mercato in versione superslim. Ma a quel punto fu il Comune a non gradire: il sindaco, Costantino Federico, portò in giudizio l'azienda americana di tabacco chiedendo che le fosse vietato di commercializzare le sigarette in Italia. La querelle durò fino al 30 dicembre del 2000, quando la Corte di Cassazione respinse definitivamente il ricorso di Federico, che sosteneva che il nome Capri associato a un prodotto nocivo alla salute fosse lesivo della sua immagine. La Corte rilevò che la scelta antifumo del Comune era stata ufficializzata dopo il brevetto del marchio e quindi diede il via libera alla Brown & Williamson.

Un'altra lunga querelle si concentrò sul diritto di registrare marchi di città o luoghi geografici. Il Comune cercò di tutelarsi attraverso la creazione del marchio «Capri» il cui logo venne affidato al disegnatore e fumettista Milo Manara. Il marchio venne registrato per veicolare attraverso quel simbolo il prestigio e l'immagine dell'isola a livello internazionale. E la prima convenzione, ricorda l'allora assessore al bilancio Salvatore Ciuccio, «venne firmata con una famosa maison di penne stilografiche di lusso che creò la Delta Capri, una serie limitata dedicata all'isola azzurra. Con l'azienda stipulammo una convenzione che prevedeva lo sfruttamento del marchio Capri e il logo realizzato da Milo Manara, tuttora registrato dal Comune per la sua tutela».

Con le prime avvisaglie del boom economico, toccò alle case automobilistiche «innamorarsi» di Capri. Gianni Agnelli nel 1958 fece uscire dal Lingotto la mitica 500, l'auto più amata dagli italiani, e molto presto venne l'idea di un modello da associare all'idea delle vacanze: nacque così la 500 Capri, versione scoperta di colore azzurro cielo a quattro posti, con i sedili in vimini e senza sportelli: a bordo di una di esse di vedeva in giro per le strade di Capri lo stesso Avvocato, e più tardi il suo caro amico Luca Cordero di Montezemolo. Ma non era finita qui: anche un gigante automobilistico mondiale come la Ford fece uscire della sue fabbriche una «Capri». L'auto venne replicata in tre versioni: la prima nel 1969, la seconda nel 1974 e l'ultima nel 1977.

Ma poi arrivarono le griffe, le strade di Capri persero man mano le caratteristiche botteghe artigianali, unica a resistere ancora oggi, da oltre un secolo, è la Parisienne, la boutique preferita di Jacqueline Kennedy: qui lei, una delle prime donne-icona della moda, si faceva confezionare i pantaloni di tela bianca che oggi hanno preso il nome «Jackie O pants», detto anche pantaloni capresi, e che sono ancora oggi un'icona della storica boutique di Adriana di Fiore. Oggi, il solo brand tutto made in Capri che è stato capace di travalicare i confini isolani è Capri Watch, l'orologio tempestato di cristalli Swarovski e da vari disegni, primo dei quali la riproduzione del famoso campanile, nato 23 anni fa dall'estro creativo di un isolano doc, qual'è Silvio Staiano. Partendo dal suo negozio in Via Camerelle, Staiano è riuscito a far conoscere il suo marchio in tutto il mondo fino a far diventare l'orologio ufficiale della FIT il suo Capri Watch: un modello studiato ad hoc che ripropone sul quadrante un campo da tennis in miniatura. Ed ancora Peppino Faiella, che Capri l'ha messa nel suo nome diventando famoso nel mondo come Peppino di Capri.

Ma il mondo delle griffe continua a scegliere Capri ed a creare linee dedicate all'isola. A partire da Gucci, che nella sua boutique di Via Camerelle espose le borse vintage dedicate a Capri, modelli ispirati all'isola il cui nome era impresso sui lati di puro lino naturale impreziosito da inserti in pelle di bellissime tonalità di acqua marina, così simile al mare dell'isola azzurra. Passando poi per gli stilisti più «capresi» di tutti, Domenico Dolce e Stefano Gabbana, che per le loro collezioni estive guardano sempre ai colori e alle atmosfere dell'isola azzurra. L'ultima era tutta improntata allo stile delle maioliche capresi, e alle atmosfere del folclore: uno dei loro spot è stato girato sulle spiagge di Marina Piccola alla fine di agosto. Capri è «destinazione iconica, di glamour e di lusso», ha detto Kors per spiegare la sua scelta: ha certamente ragione, non è stato il primo e sicuramente non sarà l'ultimo.
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