Clochard diventa infermiere grazie all’aiuto di altri infermieri a Teramo. E ora spera di assistere al meglio i malati di Covid. Il giorno dopo la laurea con 110 e lode, il teramano di 22 anni ha voluto raccontare la sua drammatica storia: un’adolescenza difficile, la scelta a vent’anni di andare via di casa per vivere in auto e la forza per continuare a studiare grazie alle persone incrociate lungo la sua strada. «Sono stato cresciuto dai miei nonni, con un papà violento e senza la presenza materna – racconta -. Da bambino ho subito atti di bullismo. Ero sempre solo e chiuso in me stesso. A 15 anni mi sentivo ripetere che ero stupido».
“La scintilla”, come lui la chiama, è scoccata quando intorno a 16 anni ha ripreso i rapporti con quello che è diventato il suo migliore amico: «E’ stato lui a spronarmi e a farmi capire che non ero un inutile come pensavo.
Io avevo rifiutato diverse proposte da parte dei miei amici, ma quel giorno era “scritto” che avrei dovuto accettare di farmi aiutare da loro – racconta – Sono stato lì un anno, mi hanno trattato come un figlio e mi hanno fatto sentire con quei piccoli gesti giornalieri a casa, mi hanno fatto sentire in famiglia, quella famiglia con il valore che tanto cercavo: l’amore». In fin dei conti quello che si meritava sin da bambino. «Io voglio dire a tutti di avere sempre riconoscenza per i valori umani di solidarietà e amore, dobbiamo volerci bene. Io non penso di essere stato più sfortunato di altri – tiene a precisare -, ma ho incontrato tante persone che mi hanno aiutato e senza di loro non ce l’avrei fatta».
Per sopravvivere nel periodo in cui era costretto a stare in auto, suonava nella banda per 30 euro e faceva le notti di assistenza in ospedale. È in questo modo che riusciva a racimolare i soldi necessari per i libri e tutte le altre necessità, mentre per il cibo ci pensavano gli amici.