Cognome materno ai figli, una petizione perché sia legge: «L'Italia si adegui al resto dell'Europa»

Cognome materno ai figli, una petizione perché sia legge: «L'Italia si adegui al resto dell'Europa»
di Franca Giansoldati
Sabato 20 Novembre 2021, 07:16 - Ultimo agg. 13 Aprile, 17:55
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«Sono trascorsi più di vent'anni da quando è venuta alla luce Maddalena ma da allora ben poche cose sono cambiate»: all'anagrafe italiana il cognome materno continua a non essere registrato in automatico, accanto a quello paterno, nonostante che l'Italia sia stata messa in mora dalla Corte Europea.
Furono i genitori di Maddalena nel 1999 ad avere intrapreso una lunga battaglia di principio. Volevano che la loro primogenita portasse il cognome materno e non quello paterno. Così si fecero portavoce di tante altre coppie senza farsi intimidire dalle difficoltà, nemmeno quando l'ufficiale di stato civile, a Milano, rispedì al mittente la richiesta di iscrizione della loro bambina con il cognome materno, Cusan, al posto di quello paterno, Fazzo.

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TENACIA
I signori Cusan e Fazzo per nulla intimoriti dal diniego, presentarono un ricorso al Tribunale di Milano, perdendolo. Ne presentarono un secondo, stavolta alla Corte di Appello. Visto che anche in appello i giudici confermarono la sentenza di primo grado, marito e moglie decisero di appellarsi alla Corte Europa dei diritti umani. Tenaci, perseveranti e motivati. Intanto la piccina cresceva ignara di essere finita al centro di un caso giuridico internazionale e di uno scontro politico (e culturale).
Nel 2014 è arrivata la sentenza della Corte Europea che ha messo fine alla lunga battaglia intrapresa dalla coppia lombarda, con la condanna dell'Italia e l'obbligo a ravvedersi. L'eco della decisione dei giudici di Strasburgo nel frattempo rafforzava il movimento trasversale a sostegno del riconoscimento del cognome materno, esattamente come accade negli altri paesi europei.
La questione però ancora oggi si trascina irrisolta e va avanti a colpi di petizioni e disegni di legge che puntualmente si arenano come balene spiaggiate. Persino le sentenze della Consulta non vengono ascoltate e restano in un angolo. Solo nella attuale legislatura ci sono ben otto proposte parlamentari in giacenza, collocate su un binario morto.
La prima è stata presentata da Laura Boldrini il 23 marzo 2018 e l'ultima da Simona Malpezzi il 10 giugno di quest'anno. Nel mezzo ci sono le altre proposte a firma di Renate Gebhard, di Julia Unterberger, di Laura Garavini, di Fabiana Dadone, di Alessandra Maiorino, di Paola Binetti. Senatrici e deputate appartenenti a diversi partiti (dal Pd a Forza Italia, dal Sudtiroler, ai Cinquestelle). Tre proposte sono ferme alla Camera e cinque al Senato e nessuna è mai stata avviata alla discussione in Commissione Giustizia, né è stata concretizzata in un testo unificato per approdare in Aula.
Nonostante il caso sollevato dai genitori di Maddalena la questione resta sospesa. Se due genitori desiderano, infatti, affiancare il cognome materno a quello paterno possono farlo all'anagrafe ma solo se lo chiedono entrambi i coniugi, ma non se lo chiede solo la madre. E anche in seconda battuta se la richiesta viene inoltrata al Prefetto ha sempre bisogno del consenso paterno per andare avanti. Al momento non esiste alcun automatismo legato al concetto di parità.
Da anni il mondo femminile mette in evidenza che la subordinazione del cognome del padre a quello della mamma genera una discriminazione evidente. Proprio in questi giorni è stata avviata una petizione alla ministra della Famiglia, Elena Bonetti da parte di Noi Rete Donne, l'associazione fondata da Daniela Carla per misurare l'effettiva parità in democrazia. «Il recente pronunciamento della Corte non giustifica più rinvii, ci aspettiamo dal Parlamento l'assunzione delle proprie responsabilità. La legge sul cognome materno ha un alto valore simbolico, di profondo impatto concreto, tale da superare il patriarcato». È stato a febbraio di quest'anno che la Corte Costituzionale ha parlato apertamente di un retaggio patriarcale. A tal proposito la ministra Bonetti aveva commentato che il governo si sarebbe impegnato per trovare una convergenza trasversale.
Che l'attribuzione automatica del cognome del padre vada superata non solo lo ha messo in luce nel 2014 la Corte di Strasburgo condannando il nostro paese per violazione della Convenzione europea ma pure la Consulta dichiarando l'illegittimità costituzionale della norma che prevede l'automatica attribuzione del cognome paterno al figlio legittimo, in presenza di una diversa volontà dei genitori.


PATRIARCATO
In Italia il cognome viene assegnato al momento della dichiarazione di nascita nel registro comunale dello stato civile. Se il bambino è figlio di una donna sposata prende sempre il cognome del marito. Il cognome della mamma può essere inserito, se anche il padre è d'accordo, in un successivo momento per via amministrativa tramite il Prefetto.
Se la donna non è sposata e il figlio viene riconosciuto dal padre al momento della nascita, prende il cognome del padre.

Se il figlio è stato riconosciuto dal padre in tempi successivi al riconoscimento da parte della madre, il figlio può assumere il cognome del padre aggiungendolo o sostituendolo a quello della madre. Iole Natoli di Noi Rete Donne spera nella petizione e nel futuro. «Anche l'Italia si dovrebbe finalmente adeguare al resto dell'Europa».

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